La Germania in Africa: tra offensiva industriale e nuovi piani di sviluppo
Africa

La Germania in Africa: tra offensiva industriale e nuovi piani di sviluppo

Di Andrea Cerasuolo
02.07.2019

Il 29 gennaio scorso, la Volkswagen ha annunciato un accordo con le autorità etiopi per produrre nel Paese sia veicoli finiti che singoli componenti automobilistici oltre a promuovere attività di car sharing e avviare progetti di formazione professionale. Queste iniziative seguono quelle del 2018 in Ghana e Nigeria da parte dell’azienda di Wolfsburg e si inseriscono a pieno titolo nella nuova strategia africana delle classi dirigenti tedesche.

Sebbene i prodromi dell’attivismo tedesco possano essere riscontrati a partire dai viaggi della Cancelliera Merkel in alcuni Stati africani nell’estate del 2016, esso si è palesato al G20 di Amburgo nel luglio del 2017. Durante il vertice è stato lanciato il Compact with Africa con il fine di migliorare le condizioni per gli investimenti privati, promuovere le fonti energetiche sostenibili e rafforzare lo sviluppo infrastrutturale in Africa. Dopo aver denunciato il calo degli investimenti esteri diretti per l’Africa  (-21,5% dal 2016 al 2017), la  Cancelliera ha sottolineato che l’iniziativa beneficerà tutti coloro che ne faranno parte. Il Compact fa parte del più generale programma di partenariato con l’Africa del G20 e ha ricevuto l’aperto sostegno della Banca Africana per lo Sviluppo che lo ritiene fondamentale per diversificare le fonti di finanziamento disponibili per il continente. I protagonisti degli accordi hanno sottolineato più volte che l’iniziativa mira a cambiare l’approccio che si è seguito finora per affrontare i problemi africani: si intende passare da un sistema legato agli aiuti internazionali a trazione statale ad uno guidato dal potenziale di sviluppo delle imprese private.

Successivamente, ad ottobre 2018, si è tenuto a Berlino un altro incontro sui rapporti fra le imprese tedesche e i partner africani del Compact. Era presente, oltre a diversi capi di Stato e di governo, tutto il gotha dell’imprenditoria tedesca. Durante quest’ultimo incontro la Cancelliera ha dichiarato che la Germania avrebbe stanziato un altro miliardo di euro a favore della collaborazione economica con i Paesi africani. I fondi sarebbero stati utilizzati sia per prestiti alle piccole e medie imprese tedesche che desiderano investire in Africa sia per sostenere il capitale delle loro omologhe africane, oltre a favorire un programma di incentivi fiscali per le industrie che stabiliscono impianti produttivi in Africa.

Complessivamente, Ghana, Tunisia e Costa d’Avorio hanno già ricevuto 365 milioni di euro sotto l’ombrello del Compact with Africa nella forma di prestiti agevolati. Da par loro, gli Stati africani aderenti dovranno avviare riforme per creare ambienti economici più favorevoli agli investimenti e allo sviluppo delle attività private nonché progressi concreti per quanto riguarda lo stato di diritto.

Inoltre, il Compact with Africa promuove esplicitamente accordi bilaterali fra Stati. Alcuni alti ufficiali ghanesi, già a margine della conferenza del luglio 2017, avevano avuto incontri bilaterali riservati con la Cancelliera e gli amministratori delegati di Volkswagen e Siemens, firmando accordi per oltre 100 milioni di euro per promuovere le energie rinnovabili e la formazione professionale.

La Germania, a fianco dell’approccio multilaterale, mette in campo anche proprie iniziative con lo scopo di sviluppare la collaborazione economica con i Paesi africani. Non è un caso se il Governo ha aumentato dell’11% i fondi destinati al Ministero Federale per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo: un continente ha una classe media di circa 360 milioni di persone può costituire un nuovo eldorado commerciale per la Germania. Parte dell’industria tedesca è già presente in Africa: nel 2018 sono stati impostati progetti del valore di un miliardo di euro. Tuttavia, le imprese che partecipano a questi progetti sono quelle più grandi, poiché le aziende più piccole non hanno le spalle abbastanza large per affrontare un mercato ancora ad alto rischio come quello africano. Dunque, attraverso il Compact, il governo tedesco mira a incentivare anche le PMI ad investire in Africa.

Nel solco del Compact with Africa, Berlino porta avanti il suo Marshall Plan with Africa. Quest’iniziativa ricalca gli accordi multilaterali del G20: rafforzare i rapporti economici con l’Africa e promuoverne il suo sviluppo sostenibile. L’iniziativa può già contare su un fondo di 300 milioni di euro. Anche in questo caso le controparti africane dovranno procedere a riforme per favorire il commercio e gli investimenti internazionali, oltre a rendere il sistema fiscale più efficiente e migliorarne la riscossione: più i Paesi procederanno con queste riforme, più avranno accesso alla collaborazione economica tedesca.

Un altro braccio operativo della Germania in Africa è l’Agenzia per le Imprese e lo Sviluppo Economico (GIZ) che aiuta le compagnie tedesche a trovare finanziamenti e altri strumenti di supporto per gli investimenti esteri nonché stabilire i primi contatti tra gli investitori e partner stranieri. Sono state coinvolte più di 100 imprese nei suoi programmi con uno stanziamento che finora è arrivato a 325 milioni di euro.

La Germania ha già colto i primi risultati. Le imprese tedesche hanno contribuito, ad esempio, al boom dell’industria tessile etiope. La tedesca Tchibo, terzo produttore mondiale di cotone organico, si è insediata stabilmente nel distretto industriale di Hawassa, città a sud della capitale Addis Abeba, contribuendo alla creazione di circa 20 mila posti di lavoro. L’azienda e le istituzioni tedesche sono molto attente a sottolineare non solo la crescita dell’occupazione ma anche gli altri servizi offerti dall’azienda ai propri lavoratori: presenza di rappresentanze sindacali dei lavoratori, pasti gratis, trasporti gratuiti alla fabbrica e assistenza medica di base. Questi aspetti sono messi in evidenza anche per rimarcare la differenza qualitativa con l’impiego che gli africani possono trovare presso imprese di altri Paesi che operano nel continente, come quelle di Cina e India dove non sempre i lavoratori godono di questi diritti.

Il confronto con le potenze emergenti è utile per comprendere l’atteggiamento tedesco verso l’Africa. La Germania vuole recuperare il terreno perso prima che le imprese e i prodotti cinesi, indiani e russi saturino un mercato di 1,2 miliardi di persone. Se si guarda agli stock degli investimenti diretti esteri, la Germania si trova al terzo posto per investimenti nei Paesi avanzati, in Russia e in Asia Centrale nonché al settimo nel resto dell’Asia e in America Latina ma non rientra nemmeno nei primi dieci con riguardo all’Africa.

Berlino cerca di posizionare strategicamente la sua filiera produttiva nel continente. Per esempio, ben sapendo che la domanda energetica africana nel 2040 sarà dell’80% superiore a quella di oggi sta promuovendo le energie alternative: in Marocco e in Egitto i più grandi impianti al mondo di pannelli solari e di pale eoliche sono stati costruiti con il supporto della Germania.

Vi sono poi delle motivazioni di carattere interno che spingono Berlino a cercare di espandere i propri orizzonti commerciali in Africa. Il Ministro Federale per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo, Gerd Müller, ha sottolineato in più di un’occasione come se non si affronteranno i problemi legati allo sviluppo direttamente sul suolo africano, questi diventeranno troppo grandi per sperare di risolverli soltanto con politiche di controllo del flusso migratorio. Fuor di metafora: per arginare le migrazioni dei popoli africani verso l’Europa si deve puntare a offrire loro prospettive di lavoro in patria.

I piani predisposti dalla Germania per l’Africa hanno suscitato anche diverse critiche. Si contesta innanzitutto che i meccanismi di risoluzione delle controversie approntati negli accordi favorirebbero sempre gli investitori esteri e che i piani adottati porterebbero inevitabilmente a privatizzare anche beni comuni essenziali. Alcuni critici sostengo che il precario welfare state presente in alcuni Paesi africani sarebbe definitivamente smantellato. Inoltre, sono pochi i Paesi finora coinvolti nei progetti tedeschi: appena 12 su 55 Stati africani. Fra questi non sono affatto presenti le nazioni più povere del continente, che avrebbero più bisogno di sostegni per il proprio sviluppo, mentre si contano Paesi dagli elevati livelli di crescita. In questo caso, si critica la Germania in quanto sembrerebbe non tanto interessata ad aiutare gli Stati più bisognosi quanto a cooptarne alcuni all’interno delle sue filiere produttive. Infine, alcuni studiosi fanno notare che durante il G20 del 2017 i Paesi partecipanti si sono impegnati a stanziare in totale 243 miliardi di dollari ma, secondo alcune stime, solo per fornire elettricità ed acqua a tutta l’Africa entro il 2030 servirebbero 537 miliardi.

In conclusione, si può affermare che, oltre agli eventuali benefici occupazionali e sociali per la popolazione africana, i piani elaborati da Berlino sembrano funzionali a tre scopi: rilanciare l’economia tedesca, arginare l’afflusso di migranti provenienti dall’Africa e contrastare l’espansione di Cina e India in quel continente.

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