Geopolitical Weekly n. 271

Geopolitical Weekly n. 271

Di Gabriella Morrone
05.10.2017

Afghanistan

Il 1  ottobre, dieci agenti di polizia afgani sono rimasti feriti da fuoco amico nella provincia meridionale dell’ Helmand durante un raid aereo condotto nell’ambito dell’ operazione di antiterrorismo che Forze afghane (Afghan National Defence and Security Forces – ANDSF) e statunitensi stanno portando avanti in tutto il Paese per eliminare l’insorgenza talebana.

L’incidente arriva più di due mesi dopo un attacco aereo americano ha ucciso 16 poliziotti afghani e due feriti nello stesso distretto di Greshk. L’ Helmand è da sempre una delle principali roccaforti dei talebani, che sono storicamente radicati soprattutto nelle aree meridionali dell’Afghanistan.  Tuttavia, la presenza e la capacità operativa dei talebani negli ultimi anni si è estesa a macchia di leopardo in tutto il Paese. Mentre il 29 per cento dei distretti afghani rimane controversa, i talebani controllano l’11 per cento dei distretti dell’Afghanistan. Il persistere dell’offensiva talebana va di pari passo con l’impreparazione e la debolezza strutturale delle ANDSF. Queste ultime, infatti, continuano a non essere in grado di garantire la sicurezza in queste aree, che costituiscono circa il 40 per cento del Paese.

Nel mese di settembre, gli Stati Uniti Speciale Ispettore Generale per la ricostruzione dell’Afghanistan (SIGAR) ha pubblicato un rapporto dettagliato sulle sfide a cui sono chiamate le Afghani Nazionale Difesa e Forze di Sicurezza (ANDSF) in Afghanistan e sulle lezioni apprese da parte degli Stati Uniti durante i 16 anni di campagna militare nel Paese. SIGAR analizza e valuta le criticità che riguardano molte branche delle ANDSF e le motivazioni per le quali gli Stati Uniti non riescono a portare a termine con successo lo sforzo di stabilizzazione del contesto afghano.

Dal rapporto emerge chiaramente come la mancanza di un processo politico ed istituzionale centralizzato da parte delle autorità di Kabul sia una delle minacce principali alla sostenibilità e stabilità di lungo periodo delle ANDSF.

Il rapporto giunge in seguito alla decisione della casa Bianca di rafforzare il proprio contingente in Afghanistan per supportare con attività di mentoring e addestramento le Forze Armate e le operazioni di contro terrorismo nel Paese.

Camerun

Lo scorso primo ottobre, 17 persone sono morte nel corso di violenti scontri tra la Polizia nazionale e i separatisti anglofoni nella città di Kombo, nella Provincia del Nord –Ovest. Diverse altre decine di manifestanti sono rimasti feriti a seguito dell’intervento delle forze dell’ordine, inviate per sedare simili proteste popolari in altre città della regione.

Per evitare la ripetizione di simili scenari, il governo camerunense ha ordinato il dispiegamento di un massiccio contingente di militari e agenti di pubblica sicurezza nelle turbolente aree della Provincia del Nord-Ovest, oltre ad aver disposto il coprifuoco, la chiusura dei principali esercizi commerciali, la sospensione della connessione internet, l’interruzione del trasporto pubblico e privato e il divieto di riunione per più di 4 persone alla volta.

Il separatismo anglofono camerunense, il cui obbiettivo ultimo è la creazione di uno Stato indipendente definito “Ambazonia” e corrispondente agli ex-confini del Camerun britannico (1918-1961), è emerso prepotentemente a partire dalla metà degli anni 80, quando la comunità di lingua inglese ha cominciato a protestare contro le élite politiche francofone, accusate di autoreferenzialità e nepotismo.

Sebbene i partigiani dell’Ambazonia abbiano sinora adottato metodologie di protesta relativamente pacifiche, non è da escludere che la repressione governativa funga da innesco per un processo di radicalizzazione delle comunità anglofone e, conseguentemente, per il possibile incremento delle violenze.

Inoltre, a influenzare l’attivismo e le rivendicazioni dei sostenitori dell’Ambazonia potrebbe intervenire il risorto secessionismo del vicino Biafra, tornato ad assumere forme estese e altamente partecipative nell’ultimo anno.

India/Kashmir

Il 3 ottobre, un soldato indiano e tre militanti sono rimasti uccisi durante un attentato suicida ad un campo di addestramento paramilitare nei pressi dell’aeroporto internazionale a Srinagar, la capitale estiva del Kashmir indiano. L’attacco è stato rivendicato dal gruppo terroristico Jaish-e-Muhammad. L’assalto al campo è stato solo l’ultimo episodio di una lunga serie di attacchi che i militanti di JeM hanno condotto contro le Forze di sicurezza indiane. In Agosto, otto poliziotti indiani erano rimasti uccisi durante un assalto ad un avamposto nella parte meridionale della regione contesa.

Le forze di sicurezza indiane sono da sempre obiettivo privilegiato dell’insorgenza irredentista e di matrice islamica, che non riconosce la legittimità dell’amministrazione indiana e lotta per l’indipendenza del Khashmir dal governo centrale di New Delhi.

La regione del Kashmir è contesa tra India e Pakistan fin dal 1947, disputa che si è esacerbata a partire dagli Anni ’90 in seguito alla nascita di gruppi di insorgenza strutturati operativi nell’area. Nonostante a partire dalla seconda metà degli Anni 2000 queste attività abbiano conosciuto una battuta d’arresto, nell’ultimo anno gli scontri si sono riaccesi a causa dell’uccisione da parte delle Forze di sicurezza indiane, nel luglio 2016, di Burhan Wani, giovane leader del movimento separatista.

La nuova ondata di proteste anti-indiane ha messo in evidenza l’adesione alla causa indipendentista di giovani kashmiri, appartenenti ad una nuova generazione di militanti che sembrano avere solo labili contatti con i gruppi storicamente operativi nella regione e che rappresentano il volto di una insorgenza autoctona alla regione.

Articoli simili