Geopolitical Weekly n.228

Geopolitical Weekly n.228

Di Luigi Rossiello e Giulia Conci
21.07.2016

Sommario: Armenia, Germania, Mali

Armenia

Lo scorso 17 luglio, un commando armato ha fatto irruzione nella stazione di polizia del quartiere Erebuni a Yerevean, barricandosi al suo interno e prendendo in ostaggio un numero ancora imprecisato di agenti. Nel corso degli scontri a fuoco tra assalitori e Forze di Sicurezza è stato ucciso il colonello Artur Vanoyan ed altre 8 persone sono rimaste ferite. Ad oggi, il Servizio di Sicurezza Nazionale ha intavolato un negoziato con il gruppo armato per risolvere pacificamente la crisi.

Il commando armato potrebbe verosimilmente appartenere al gruppo “Nuova Armenia” (NA), movimento politico extra-parlamentare di estrema destra, formato da veterani della guerra del Nagorno-Karabakh e critico verso l’approccio di Yerevan verso l’Azerbaijan, ritenuto troppo morbido ed incline al compromesso Infatti, secondo i membri di NA, il governo Armeno dovrebbe intensificare le proprie azioni militari contro Baku al fine di annettere unilateralmente le regioni contese.

Nello specifico, NA ha chiesto la liberazione del suo leader Jirair Sefilyan, e di altri detenuti ritenuti “prigionieri politici” quale condizione per il rilascio die poliziotti e l’abbandono della caserma di Erebuni. Sefilyan, arrestato il 20 giugno per possesso illegale d’armi, è il fondatore di NA ed una delle personalità più influenti del panorama eversivo ultra-nazionalista armeno.

Con l’assedio alla stazione della polizia ancora in corso, nel Paese vige profonda preoccupazione sulle possibili evoluzioni degli eventi. Infatti, nei giorni successivi all’attacco, centinaia di manifestanti sono scesi in piazza per esprimere la propria solidarietà politica a NA e per esprimere il proprio criticismo nei confronti del governo. Negli scontri tra polizia e riottosi sono rimaste ferite 45 persone. Dunque, esiste il rischio che, nonostante NA non goda di un diffuso sostegno popolare, gli avvenimenti di Erebuni fungano da detonatore per avviare una maggiore mobilitazione sociale contro il governo.

Germania

Nella tarda serata dello scorso 18 luglio, Muhammad Riyadh, un rifugiato afghano di 17 anni che viaggiava su un treno nella tratta da Treuchtlingen a Wuerzburg, nella regione della Baviera, ha ferito a colpi di accetta e di coltello quattro persone, due delle quali in maniera grave, prima di essere ucciso dalla polizia tedesca durante un tentativo di fuga.

Nelle ore immediatamente successive all’accaduto, L’attacco è stato rivendicato dallo Stato Islamico (IS), attraverso la diffusione di un video in cui l’aggressore annunciava di essere un soldato del Califfato e di volersi unire alla lotta contro gli infedeli, compiendo un attentato proprio in Germania. Benché a seguito della perquisizione dell’abitazione del ragazzo sia stata rinvenuta una bandiera dello Stato Islamico (IS), le autorità e i servizi di intelligence tedeschi non hanno ancora accertato un effettivo legame diretto tra Riyadh e il network jihadista.

Il giovane, dunque, parrebbe rientrare all’interno del fenomeno dei cosiddetti “lupi solitari”, ossia di singoli individui che intraprendono un processo di radicalizzazione autonomo, spesso attraverso informazioni e materiali di propaganda jihadista a disposizione su internet.

Il percorso seguito dal giovane afghano potrebbe essere stato molto simile a quello intrapreso da Mohamed Lahouaiej Bouhlel, l’attentatore franco-tunisino autore della strage avvenuta a Nizza nella serata del 14 luglio. Le autorità francesi hanno affermato come l’attentatore che ha colpito a Nizza uccidendo oltre 80 persone si sia auto-radicalizzato in un tempo anche breve. Lo stesso potrebbe aver fatto Riyadh.

Il rischio emulazione è alto e così già dopo la strage di Nizza i vari Paesi europei, Germania compresa, hanno alzato il livello di allerta e aumentato le misure di sicurezza e controllo finalizzate a scongiurare o quantomeno a limitare il rischio del ripetersi di azioni simili. In particolare dopo l’attacco sul treno, il Ministro degli Interni bavarese, Joachim Hermann, ha annunciato l’introduzione di una serie di ulteriori misure volte a rafforzare la sicurezza. Un primo segnale in questa direzione è rappresentato dalla decisione di incrementare il numero di agenti di polizia a presidio dei luoghi considerati sensibili.

Mali

Nella mattinata di martedì 19 luglio, un commando miliziani jihadisti ha assaltato e occupato per diverse ore la base militare di Nampala, villaggio a circa 500 km a nordest di Bamako, nei pressi del confine con la Mauritania. Il conflitto a fuoco, concluso con la fuga degli assalitori dopo il saccheggio di armi, equipaggiamenti e derrate alimentari, ha provocato la morte di 17 soldati delle Forze Armate maliane ed il ferimento di almeno altri 35.

Secondo quanto emerso sinora, l’attacco ha coinvolto tre gruppi attivi nel Paese, nello specifico al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI), la Katiba Ansar al-Din Macina e l’ANSIPRG (Alleanza nazionale per la salvaguardia dell’identità Peul e il ripristino della giustizia). Questi ultimi due movimenti insurrezionali sono formati prevalentemente da miliziani Peul / Fulani, etnia semi-nomade stanziata nelle regioni centro-settentrionali del Paese. Tuttavia, la Katiba Ansar al-Din Macina ha una evidente vocazione jihadista ed è parte del network terroristico saheliano.

La Katiba Ansar al-Din Macina è nei primi mesi del 2015 ed è composta principalmente da ex elementi del MUJAO (Movimento per l’Unicità e il Jihad in Africa Occidentale), formazione jihadista oggi confluita in al-Mourabitun, attiva nelle regioni centrali del Paese solitamente perpetrando attacchi contro membri delle Forze Armate maliane e truppe della missione ONU MINUSMA (Mission multidimensionelle intégrée des Nations Unies pour la Stabilisation au Mali). Inoltre, lo scorso maggio, Katiba Ansar Dine Macina ha dichiarato l’affiliazione ad Ansar al-Din, organizzazione terroristica espressione del clan tuareg Ifoghas, operante nella regione orientale di Kidal.

Il costante numero di attacchi e attentati contro le Forze Armate maliane, le istituzioni governative e i membri del contingente di MINUSMA dimostrano come il Paese sia ben lungi dall’essere stabilizzato e come, nonostante gli Accordi di Pace dello scorso agosto, sussista ancora una pericolosa tensione tra Bamako e le etnie del centro e del nord del Mali, decise a perseguire l’obbiettivo di una maggiore autonomia politica anche attraverso l’intensificazione della lotta armata.

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