Il ruolo di Internet nei processi di radicalizzazione dei foreign fighters europei
Europa

Il ruolo di Internet nei processi di radicalizzazione dei foreign fighters europei

Di Giulia Conci
13.04.2016

Lo scorso mese sono stati stimati in quasi 5.000 i cittadini europei che hanno abbandonato i propri Paesi con lo scopo di raggiungere i territori di Siria e Iraq per arruolarsi nei vari gruppi jihadisti presenti nella regione.

Una volta apprese nuove capacità militari nei campi d’addestramento in Siria e Iraq, questi foreign fighters decidono di ritornare nei Paesi d’origine con l’intento di perpetrare attentati terroristici, costituendo una delle principali sfide per la sicurezza europea. Il conflitto siriano vanta la mobilitazione del più alto numero di foreign fighters mai raggiunto prima.

La figura del foreign fighter europeo completa un processo di radicalizzazione jihadista che termina con l’adozione e l’internalizzazione di una visione radicale ed estremista dell’Islam con la conseguente legittimazione dell’uso della violenza. La domanda chiave è, quindi, come giovani musulmani europei completino questo processo di radicalizzazione e abbraccino la militanza jihadista. Comprendere i fattori che maggiormente influiscono tale processo risulta di particolare importanza nel tentativo di arrestarlo.

In seguito a diverse analisi si è giunti alla conclusione che non esiste un singolo profilo capace di raggruppare in un’unica categoria tutti i processi di radicalizzazione jihadista. Sono infiniti i fattori che influenzano le diverse fasi in cui si sviluppa il processo, tra cui la sfera personale, sociale, economica e culturale di un individuo. I radicalizzati, inoltre, si differenziano in termini di età, educazione, genere, condizione economica e sociale.

Partendo da queste affermazioni, un’attenta analisi al nuovo ruolo giocato da Internet nella radicalizzazione jihadista dei foreign fighters europei rappresenta un’importante chiave di lettura per comprenderne il crescente numero.

Infatti, internet risulta capace di trasformare completamente il processo di radicalizzazione jihadista, più precisamente di accelerarlo. Diventando il più esteso e relativamente economico network di comunicazione globale, esso è accessibile alla maggior parte delle persone e risulta difficile da controllare. Permette agli individui di tutto il mondo di interagire in modo immediato e continuo. Offrendo questa interazione di tipo virtuale, internet ha accelerato la radicalizzazione jihadista eliminando tutti i limiti posti dall’esigenza del contatto umano. Non si è più costretti a organizzare rischiosi incontri e viaggi segreti per disseminare contenuti di natura estremista per radicalizzarsi. Oggi gli individui giovano del comfort di poter accedere a quel tipo di materiali dalla sicurezza della propria abitazione.

Internet permette ad aspiranti jihadisti europei di essere collegati in qualsiasi momento a gruppi terroristi attivi in Siria e Iraq e di affiliarsi a network jihadisti presenti in Europa. Attraverso un estensivo utilizzo di social media e forum ristretti (come quelli delle piattaforme di online gain) i miliziani possono scambiarsi informazioni sullo stile di vita sul campo di battaglia e suggerimenti per raggiungere Siria e Iraq. Quest’aspetto di Internet rappresenta un importante momento di svolta nei processi di radicalizzazione jihadista sul suolo europeo. Associazioni culturali, centri di studi religiosi, scuole e prigioni, pur continuando ad essere tra i principali focolai di radicalizzazione, lasciano sempre più spazio a internet.

Con l’avvento di quest’ultimo sono anche aumentati i casi di auto-radicalizzazione, quei processi che iniziano e si completano senza ricevere istruzioni dirette da alcuna organizzazione terroristica esterna o da nessun soggetto preciso. Questi processi trovano in Internet un unico spazio virtuale, dove poter attingere tutte le informazioni necessarie tra cui suggerimenti logistici per perpetrare un attentato. Questi casi rimangono però una piccola minoranza, mentre la maggior parte completa il processo di radicalizzazione jihadista entrando in contatto con organizzazioni terroristiche presenti sul web mostrando quanto ancora sia necessaria la socializzazione umana e non virtuale.

Sono molti i report che, riconoscendo la natura impersonale di Internet, hanno concluso che tende ad essere uno strumento complementare ad attività offline di radicalizzazione. Lo dimostrano anche i casi di due forcing fighters italiani partiti per la Siria, Giuliano Del nevo e Anas el-Abboubi, marocchino residente nel bresciano. In entrambi i processi di radicalizzazione Internet ha giocato un ruolo fondamentale sia nell’acquisire informazione ed entrare in contatto con network terroristici sia nel condurre propaganda jihadista sui loro social network, tra cui blogs, Facebook e addirittura un profilo Youtube.

Internet oltre ad aver permesso ad aspiranti jihadisti europei di acquisire materiale online, è principalmente sfruttato dai gruppi armati in Siria e Iraq come strumento per condurre campagne di propaganda e reclutamento di nuovi foreign fighters.

Internet e un utilizzo raffinato di social media hanno trasformato il processo di radicalizzazione jihadista rendendo ogni individuo che naviga online un potenziale target condizionabile dai messaggi ideologici estremisti. Lo Stato Islamico è il principale tra questi gruppi ad aver colto la grande opportunità che Internet e social media offrono nel bypassare confini geografici e istituzionali, rivolgendosi a un’audience globale. Quest’aspetto, oltre ad aver mutato la natura delle attività terroristiche, ha considerabilmente influito sul pericolo rappresentato dallo Stato Islamico per quanto riguarda l’intensivo ricorso alla cyber-jihad, intesa come l’utilizzo di nuove tecnologie e ciberspazio per la diffusione del concetto di jihad violenta contro coloro classificati dal Califfato come nemici dell’Islam.  La Cyber-jihad, quale principale strumento di radicalizzazione e reclutamento di giovani foreign fighters europei, ha fatto assumere alla necessità di combattere la campagna mediatica dello Stato Islamico la stessa importanza dell’inevitabile esigenza di contenerne l’espansione geografica.

La grande abilità dello Stato Islamico è di decentralizzare la campagna mediatica in cellule sparse anche in suolo europeo promuovendo un approccio definito dal basso verso il basso, permettendo a tutti i simpatizzanti del Califfato di disseminare propaganda jihadista su diverse piattaforme online senza la presenza di una leadership diretta. Attraverso la creazione di un esteso network di bloggers, ricercatori, scrittori o semplici individui, l’IS ha creato uno spazio comunicativo nel quale ogni destinatario, che riceve del materiale jihadista comprende di poter essere allo stesso tempo un potenziale produttore e quindi mittente dello stesso. Lo Stato Islamico lascia loro controllo e autonomia in modo tale che ogni individuo possieda la più completa libertà di comunicare e scambiarsi opinioni con chiunque altro. Il loro compito è di postare e twittare link che rimandano a materiali jihadisti capaci di attrarre un gran numero di visualizzazioni in modo tale che vengano ulteriormente condivisi sul web.

Sono i foreign fighters europei a essere maggiormente incoraggiati a utilizzare i social media, quali Facebook e Twitter, per disseminare contenuti di tipo jihadista. Diffondere informazioni sulle condizioni di vita quotidiana nella propria lingua d’origine ha lo scopo di indurre potenziali jihadisti europei a raggiungere i territori dello Stato Islamico. Grazie ai social media ogni foreign fighter è in grado di sollecitare fortemente le persone della propria cerchia, quali amici e familiari, ad affiliarsi.

In conclusione, lo sviluppo di nuove tecnologie di comunicazione ha reso possibile l’evolversi di una dimensione virtuale del jihad, esponendo un’audience globale all’ideologia jihadista. Internet, quale catalizzatore del terrore, permette da un lato di costruire saldi network terroristici che disseminano materiale propagandistico jihadista e dall’altro ad aspiranti foreign fighters europei di accedere a quel tipo di contenuti. Questi ultimi ritrovano in Internet una comunità di persone con cui condividere un’identità e prospettive comuni. Il web riproduce in gran parte le caratteristiche proprie delle interazioni umane nel mondo virtuale, permettendo ai processi di radicalizzazioni europei di velocizzarsi, abbattendo barriere geografiche e sociali tramite l’immediatezza del contatto.  Nonostante ciò, la maggior parte di questi processi necessita ancora della socializzazione umana per potersi dire completato.

Internet permette a organizzazioni terroristiche, tra cui lo Stato Islamico, di incrementare cospicuamente la loro presenza online tramite la formazione di una rete capillare di networks propagandistici caratterizzati da una struttura orizzontale, priva di una gerarchia ben definita, in cui l’ideologia jihadista ne è l’elemento unificante, per cui chi inizialmente è destinatario del messaggio jihadista percepisce immediatamente di poter diventare a sua volta un mittente. Proprio questa strategia mediatica che coglie i vantaggi delle nuove tecnologie di comunicazione, può dirsi essere tra le principali cause del crescente numero di foreign fighters europei mobilitati in Siria e Iraq.

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