Crisi irachena: le inaspettate opportunità di un dialogo con l'Iran
Asia e Pacifico

Crisi irachena: le inaspettate opportunità di un dialogo con l'Iran

Di Francesca Manenti
02.09.2014

Il recente collasso delle condizioni di sicurezza in Iraq e il riacutizzarsi delle violenze nel vicino teatro siriano, negli ultimi mesi, hanno inevitabilmente riportato l’attenzione internazionale su una crisi che, ormai da diversi anni, sta interessando in modo trasversale il Medio Oriente. In seguito all’avanzata in questi territori dei militanti di ISIS (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante), il gruppo salafita che ha proclamato il califfato islamico lo scorso 29 giugno, infatti, la Comunità Internazionale, e in particolare l’Occidente, ha guardato con sempre maggior preoccupazione ad un possibile quanto imprevedibile cambiamento degli equilibri di potere all’interno della regione. In un momento di grande delicatezza per la stabilità di un contesto strategico come quello mediorientale, l’urgenza di trovare una soluzione al rapido deterioramento della già precaria tenuta delle istituzioni, soprattutto in Iraq, ha determinato una storica convergenza di interessi tra i governi occidentali e l’Iran, che da sempre guarda ai due vicini come a Paesi strategici per consolidare la propria influenza nella regione. Per la prima volta dopo decenni di tensioni, dunque, il comune obiettivo di fermare l’avanzata jihadista sta accreditando Teheran agli occhi dell’Occidente come un prezioso interlocutore regionale, in grado di ricoprire un ruolo di primaria importanza sia nella gestione della crisi attuale sia nella ridefinizione del futuro scenario politico iracheno.

Il governo iraniano, infatti, fin dalle prime battute della degenerazione del conflitto in Iraq ha optato per un sostegno, seppur indiretto o ufficioso, al governo di Bagdad per contrastare gli attacchi dei militanti di ISIS nel Paese e cercare di salvaguardare la tenuta istituzionale dello Stato iracheno. Il supporto di Teheran, fino ad ora, è stato declinato in due direttrici. Innanzitutto, attraverso un sostegno diretto sia alle Forze Armate irachene sia, secondo quanto dichiarato dal Presidente del Kurdistan Massoud Barzani, alle milizie curde, i Peshmerga, impegnate contro il gruppo jihadista nelle regioni settentrionali del Paese, al confine con la medesima Regione Autonoma. Benché sia il Presidente iraniano, Hassan Rouhani, sia il Ministro degli Esteri, Mohammad Javad Zarif, abbiano sempre negato un coinvolgimento attivo delle Forze iraniane al conflitto, fonti curde riportano l’ingresso di soldati e di alcuni carri dell’181° Brigata Corazzata iraniana vicino alla città di Jalawla, nella provincia di Dyala, a circa 30 chilometri dalla frontiera con l’Iran. Già lo scorso giugno, l’arrivo in Iraq del Generale Qassem Suleimani, Comandante della Forza Quds iraniana, unità speciali della Guardia Rivoluzionaria (GR) impiegate all’estero, sembrerebbe aver testimoniato la presenza di almeno tre unità delle Forze speciali, entrate in Iraq dalle province occidentali di Urumieh e Lorestan per rafforzare la sicurezza nella cintura attorno a Bagdad. Inoltre, gli sforzi dei militari professionisti sarebbero supportati dall’azione di circa duemila volontari Basiji, milizia iraniana responsabile in patria per l’ordine pubblico.

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