Operazione Sophia: l’Europa contro il traffico dei migranti
Europa

Operazione Sophia: l’Europa contro il traffico dei migranti

Di Michele Taufer
02.12.2015

La situazione geopolitica del Mediterraneo, caratterizzata dalla presenza di numerosi fattori destabilizzanti, ha nuovamente accresciuto e riportato al centro dell’attenzione internazionale questo mare che ricopre un ruolo di vitale importanza, in primis, per il nostro Paese. Le primavere arabe sono ormai andate incontro ad un freddo inverno e il collasso dello Stato libico rappresenta un caso emblematico in questo senso: la disgregazione dell’autorità politica di Tripoli, oltre che generare pesanti ripercussioni in tema di sicurezza interna per la Libia, ha naturalmente anche dei risvolti negativi in ambito marittimo, destabilizzando e andando a minacciare quelle che sono le linee di comunicazione marittima (SLOC) del Mediterraneo. Analizzando meglio lo scenario, poi, alcune delle fazioni libiche in lotta tra loro, hanno trovato nella tratta degli esseri umani un business altamente remunerativo. A titolo d’esempio, basti pensare come la tratta dei migranti va a costituire circa il 35% del PIL della martoriata Libia. Il fenomeno migratorio di massa è pertanto diventato negli ultimi anni, oltre che un problema di tipo umanitario, anche un rischio per la sicurezza e la stabilità del bacino del Mediterraneo e dei Paesi che vi si affacciano, così come nel complesso per l’intera Unione Europea.

In risposta a questa sfida, il Consiglio dell’Unione Europea, su proposta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e Politica di Sicurezza, Federica Mogherini, ha deciso, la scorsa primavera, di reagire di fronte alle continue tragedie del mare e di porre fine al lucroso sfruttamento della disperazione umana da parte di trafficanti e contrabbandieri senza scrupoli. Il 22 giugno 2015, il Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea, ha pertanto dato il via all’operazione EUNAVFOR MED, ribattezzata poi a fine ottobre “EUNAVFOR MED operazione Sophia”. L’azione militare lanciata dall’Unione Europea non va a configurarsi come un’operazione di soccorso in alto mare ne tanto meno come un blocco navale ai danni libici, anche se naturalmente il soccorso dei naufraghi rimane una priorità per i vascelli coinvolti nelle operazioni. Lo scopo di EUNAVFOR MED è, invece, quello di degradare e smantellare il modello di business che sta alla base dello sfruttamento del fenomeno migratorio. Al fine di raggiungere gli obbiettivi preposti sono state istituite quattro distinte fasi operative. La prima fase, partita a fine giugno, prevedeva che il dispositivo navale focalizzasse la sua attività verso l’individuazione e il monitoraggio delle reti di trafficanti e scafisti grazie all’opera di raccolta informativa, sorveglianza e intelligence (ISR) svolta, in particolare, dai circa dieci aeromobili disponibili per le operazioni. A seguito del raggiungimento di un adeguato livello di mappatura dei vari network criminali, nel corso del Consiglio UE - Giustizia e Affari Interni del 14 settembre 2015 è stato poi deciso di passare alla fase due di EUNAVFOR MED. Il secondo livello operativo permette agli assetti europei di poter intervenire mediante la condotta di operazioni di ricerca, boarding, confisca di vascelli e mezzi dei trafficanti in Alto Mare. Tutte queste azioni sono naturalmente svolte sia in conformità con il diritto internazionale applicabile, sia con le norme derivanti dalla United Nations Convention of the Law of the Sea (UNCLOS) così come con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. In quest’ultimo caso riveste una particolare rilevanza la S/RES 2240 del 9 ottobre 2015, la quale autorizza proprio l’abbordaggio e la confisca di imbarcazioni operando sotto l’ombrello del Capitolo Settimo della Carta delle Nazioni Unite. La piena operatività della seconda fase è stata raggiunta il 7 ottobre scorso.

Attualmente le unità navali, costituite da 7 vascelli guidati dall’incrociatore portaeromobili GIUSEPPE GARIBALDI, continuano ad operare al largo delle coste libiche ed egiziane. La fase due, però, prevede un’ulteriore evoluzione che porterebbe gli assetti di EUNAVFOR MED ad avvicinarsi sempre più e ad entrare nelle acque territoriali libiche. Naturalmente, l’ingresso in acque territoriali è vincolato o all’autorizzazione da parte del Consiglio di Sicurezza o a una specifica richiesta da parte dello stato costiero. L’ultima delle tre fasi operative, se e quando attuata, permetterà la neutralizzazione e la distruzione delle imbarcazioni e della logistica degli scafisti interessando obbiettivi posti sia in mare che sulle zone costiere e dell’entroterra libico. Anche in questo caso, si renderà necessaria l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza o una specifica richiesta da parte delle stesse autorità libiche. La quarta e ultima fase è invece costituita dalla smobilitazione di uomini e mezzi quando l’intera operazione verrà conclusa. A guida degli uomini e delle donne che partecipano all’operazione Sophia vi è l’Ammiraglio di Divisione Enrico Credendino della Marina Militare Italiana, mentre allo stato attuale sono 22 i Paesi contributori. Nella fattispecie trattasi di: Belgio, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia – Finlandia – Francia – Germania – Grecia – Ungheria – Italia – Lettonia – Lituania – Lussemburgo – Malta – Paesi Bassi – Polonia – Romania – Slovenia – Spagna – Gran Bretagna – Svezia.

EUNAVFOR MED costituisce un’importante e significativa risposta da parte europea per contrastare il fenomeno della tratta ai migranti. E’ importante altresì sottolineare come l’azione di Bruxelles va a integrare, senza sovrapporsi, altre operazioni militari nate con lo scopo di aumentare la sicurezza nel Mediterraneo: ad esempio ACTIVE ENDEAVOUR della NATO o l’operazione MARE SICURO della Marina Militare Italiana. Come già sottolineato, il focus e area delle operazioni navali interessano il Mediterraneo centro–meridionale e in particolare il tratto di mare compreso tra Tunisi e Alessandria d’Egitto. Il progressivo passaggio alla fase due dell’operazione e in futuro il possibile passaggio alla fase tre spingeranno sempre più le unità navali europee ad avvicinarsi alla costa libica. Se una minaccia di tipo militare convenzionale è improbabile, lo stesso non si può dire per il rischio di attacchi asimmetrici. Già in passato alcuni gruppi terroristici hanno infatti dato dimostrazione di poter attaccare imbarcazioni militari a ridosso della costa. Lo scorso luglio, ad esempio, una motovedetta egiziana venne colpita da un missile anticarro lanciato da militanti appartenenti ad Ansar Bait al-Maqdis, anche se però, l’esempio più emblematico rimane l’attacco subito dalla corvetta israeliana HANIT ad opera di Hezbollah nel 2006. In questo caso, i miliziani libanesi utilizzarono un missile antinave, probabilmente di tipo cinese, che provocò, oltre che seri danni alla nave, la morte di quattro membri dell’equipaggio. A tal proposito, pertanto, lo scenario libico caratterizzato dalla frammentarietà e dall’anarchia delle fazioni coinvolte nello scontro, ben si presterebbe ad attacchi di questo tipo.

Qualora quindi l’impegno di EUNAVFOR MED dovesse spingersi sempre più a ridosso delle acque costiere in Tripolitania e Cirenaica si renderà opportuno incrementare in maniera significativa le misure a protezione dei vari contingenti navali presenti nella missione. L’apparente intangibile minaccia di sea-denial delle milizie libiche potrebbe infatti manifestarsi in maniera imprevedibile e devastante qualora questo rischio fosse sottovalutato. L’Italia a tal proposito, vista la posizione di leadership nella missione, potrebbe coordinare e gestire questo sforzo di prevenzione. L’expertise maturato dalla Marina Militare italiana in tema di gestione della sicurezza marittima nel Mediterraneo è infatti notevole, sia grazie all’operazione MARE NOSTRUM sia, soprattutto, grazie a MARE SICURO. Concludendo si può affermare che, il mantenimento della sicurezza nel Mediterraneo centrale è e rimarrà anche in futuro una delle massime priorità italiane, vista la vicinanza e le dirette ripercussioni della crisi libica per il nostro Paese: ecco quindi perché è auspicabile che l’Italia sia messa in condizioni di poter operare, mediante i propri assetti navali, nella massima sicurezza anche nelle insidiose acque litoranee della Libia.

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