Libia 1.0: i protagonisti
Medio Oriente e Nord Africa

Libia 1.0: i protagonisti

Di Staff Ce.S.I.
22.10.2014

Il 16 maggio scorso, con il lancio dell’Operazione Dignità per “eliminare gli estremisti terroristi”, il Generale Haftar (nella foto) ha introdotto una nuova dinamica all’interno del contesto libico. L’ex Generale dell’Esercito gheddafiano, infatti, ha intrapreso una campagna militare contro le milizie islamiste, raggruppando attorno a sé sia le realtà “laiche”, sia quelle unità parte del nuovo, fantomatico, Esercito Libico ancora legate al vecchio entourage militare del Paese. In questo modo, l’azione di Haftar ha gettato le basi per la definizione di una dicotomia laiciislamisti che, tuttavia, nasconde al proprio interno notevoli problematiche considerata la profonda frammentazione della società libica ed il tradizionale ruolo giocato dalle tribù.

Haftar, membro della tribù Firjan, fin dall’inizio della rivolta contro Gheddafi è stato un personaggio controverso e non è mai riuscito ad ottenere il supporto necessario per guidare il fronte rivoluzionario, un po’ per il suo passato nell’establishment di regime, un po’ per il suo atteggiamento arrogante e supponente. Paradossalmente, la mancanza di proseliti durante la rivoluzione e di incarichi nella fase di ricostruzione del Paese hanno portato il Generale a sfruttare le difficoltà odierne della Libia e a raccogliere attorno a sé una coalizione eterogenea accomunata sia dalla profonda ostilità contro le realtà islamiste libiche e quelle ispirate alla Fratellanza Musulmana egiziana, sia dall’ammirazione verso il modello nasseriano. La milizia di Haftar, composta, verosimilmente, da circa 35.000 unità, si basa prevalentemente su ex membri dell’Esercito gheddafiano reintegrati in quello che avrebbe dovuto essere il nuovo apparato di sicurezza libico, ma caratterizzati da una profonda avversione per i nuovi commilitoni provenienti dalle milizie rivoluzionarie.

Tale ostilità è stata rafforzata dai circa 122 attentati subiti delle forze di sicurezza tra il gennaio 2013 e l’agosto 2014 ad opera delle milizie islamiste. Le forze di Haftar sono inoltre rimpinguate da milizie tripolitane legate alle tribù Warfalla e Warshefana, che costiuivano le spine dorsali del passato regime e che nutrono una profonda ostilità nei confronti degli islamisti. Tuttavia, la vera colonna portante della forza al comando del Generale è la milizia di Zintan che permette ad Haftar di avere un’importante presenza nella capitale Tripoli. Formazione di primaria importanza sin dai tempi della rivoluzione del 2011, la milizia di Zintan si è distinta per aver mantenuto per più di 2 anni il controllo dell’aeroporto internazionale di Tripoli e per aver catturato e tenuto prigioniero il figlio del Rais, Saif al-Islam, senza mai cederlo alle autorità centrali e utilizzandolo come strumento di ricatto verso il governo. La milizia di Zintan è comandata da Mukhtar Khalifah Shahub, leader rimasto sempre dietro le quinte anche quando Osama al-Juwali (l’altro leader divenuto, tempo fa, Ministro della Difesa) è entrato in politica.

Le ragioni del sostegno della mili-zia di Zintan al Generale Haftar è determinata sia dallo scarso radicamento islamista nelle regioni occidentali libiche sia dal fatto che la sua autorità è oggi messa in discussione dal-l’avanzata a Tripoli della milizia di Misurata. Al contrario, quest’ultima, anch’essa colonna por-tante della lotta a Gheddafi, ha abbracciato lo schieramento islamista soprattutto per i lega-mi tra i suoi leader e le autorità qatariote, le prime a supportare le forze di Misurata duran-te l’assedio alla città durante la guerra del 2011. Il rafforzamento della milizia di Misurata a Tri-poli (avvenuto, secondo alcune fonti, anche grazie al supporto ricevuto da parte di alcuni leader tuareg islamisti della regione di Sabha e Awbari), testimoniato dalla conquista dell’ae-roporto internazionale a fine agosto, a discapi-to della milizia di Zintan, ha consolidato il fron-te islamista della capitale, formato da membri della famiglia Sallabi, facente capo ad Ali al-Sallabi, noto chierico islamista e, soprattutto, dalla rete di Abdul Hakim Belhaj.

Ex esponente di al-Qaeda, uomo forte del panorama islamista libico, Belhaj rimane il maggiore collettore degli aiuti finanziari e militari provenienti dal Qatar. Il controllo dell’aeroporto di Mitigata, secondo della capitale, gli ha permesso di ricevere ingenti rifornimenti. Infatti,
è proprio in questo scalo che sono stati visti atterrare numerose volte i C-17 qatarioti tra il 2011 e il 2013. A quanto pare, ad inizio giugno sembra essere atterrato un cargo dell’Aeronautica Sudanese che avrebbe dovuto trasportare un carico di armi proveniente dal Qatar. Belhaj rimane l’eminenza grigia del panorama islamista libico. Militarmente forte, è anche un perspicace attore politico. Belhaj mantiene anche un canale di dialogo con la Francia. A fine aprile è stato ricevuto al Ministero degli Esteri libico e dal Direttore dell’area Nord Africa e ha partecipato anche ad una conferenza presso l’IRREMO (Institut de Recherche et d’Études sur la Méditerranée et le Moyen Orient) dove ha perorato la sua causa politica, dichiarando di non avere nessuna milizia.

Per quanto riguarda la Cirenaica, il palcoscenico delle forze islamiste vede la prominenza dalla Brigata “17 Febbraio”, milizia di 1.5003.000 uomini, dalla quale è fuoriuscita la Brigata Rafallah al-Sahati, che conta un migliaio di miliziani e che comunque rimane attiva nella lotta al Generale Haftar. Tuttavia, a dominare la scena islamista continua ad essere Ansar alSharia. Partendo dal presupposto che sotto questo nome si nascondono una serie di realtà che coprono tutto lo spettro dell’Islam militante, dall’islamismo politico al jihadismo più estremo, la milizia in questione è frutto dell’unione della Khatiba di Bengasi con quella di Derna ed è costituita da circa 1.000 operativi. Uno dei leader principali del gruppo è sicuramente Abu Sufyan bin Qumu, legato a doppio filo a Bin Laden essendo stato suo autista ai tempi del Sudan e sempre presente al fianco del vecchio leader di Al Qaeda durante la sua presenza in Afghanistan.

Nonostante l’Operazione Dignità non abbia finora raggiunto gli obiettivi prefissi da Haftar e, anzi, il fronte laico abbia perso il controllo dell’aeroporto internazionale di Tripoli, ma anche di basi importanti in Cirenaica, come quella dell’unità Al-Saiqa a Bengasi, l’azione del Generale non si è fermata, soprattutto grazie al supporto dei suoi “sponsor” internazionali, Egitto ed Emirati Arabi Uniti. Infatti, dopo le prime sconfitte in Cirenaica, Haftar si è subito rifugiato al Cairo e da lì ha cominciato frequenti viaggi a Tobruk, sede del “secondo” Parlamento libico. Infatti, una speranza di successo per la campagna di Haftar è arrivata dal supporto aereo ricevuto non solo dall’Aeronautica Libica, schieratasi a fianco del Generale e che ha condotto raid contro le postazioni delle formazioni islamiste con alcuni MiG-21 e MiG-23 ancora in dotazione, ma anche da quella degli Emirati Arabi Uniti. Quest’ultima, infatti, avrebbe condotto almeno 2 raid su Tripoli: uno la sera del 17 agosto contro l’aeroporto di Mitigata e l’altro all’alba del 23 contro una base a sud di Tripoli della milizia di Misurata.

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