Maliki e la ribellione di Anbar
Medio Oriente e Nord Africa

Maliki e la ribellione di Anbar

Di Staff Ce.S.I.
23.03.2014

Il malcontento diffusosi in profondità all’interno della comunità sunnita a causa delle politiche settarie messe in atto dal Premier iracheno Maliki, il quale, soprattutto durante questo suo secondo mandato che sta volgendo al termine, non ha mai bilanciato le sue scelte in favore della componente sciita del Paese, ha reso Anbar, provincia totalmente sunnita che si estende ad est di Baghdad, epicentro di una crisi che sta portando nuovamente l’Iraq sull’orlo della guerra civile.

Il territorio orientale è del resto da sempre base operativa di Al Qaeda in Iraq (AQI) - gruppo negli anni trasformatosi in Stato Islamico di Iraq (ISI) e che negli ultimi 12 mesi ha assunto la ulteriore denominazione di Stato Islamico di Iraq e del Levante (ISIL), a sottolineare la sua estensione allo scacchiere siriano – da cui lanciare attacchi mirati contro obiettivi governativi in tutto il Paese. Quello che invece è accaduto ad Anbar, a cavallo tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, è stato qualcosa di nuovo che getta nuove ombre sul futuro dell’Iraq. I miliziani dell’ISIL e gruppi armati tribali sunniti hanno preso, difatti, il controllo di Falluja e Ramadi, i due centri nevralgici della regione, estromettendo di fatto le istituzioni centrali di Baghdad e cacciando le forze di sicurezza irachene. La crisi è scoppiata apertamente il 21 dicembre, quando un attacco suicida ad un checkpoint nei pressi di un compound dell’Esercito nella parte occidentale della regione ha ucciso 24 soldati iracheni tra cui il Generale Mohammed al-Karawi, comandante della 7ª Divisione. Maliki (nella foto) ha risposto annunciando una massiccia operazione contro ISIL, ma scagliandosi anche contro i manifestanti che da più di un anno stavano occupando il centro città di Ramadi per protesta contro il governo centrale.

Le proteste sono state fin dall’inizio alimentate dalle realtà tribali e politiche di Anbar tra le quali anche quelle legate agli Sahwa, o Consigli del Risveglio, cioè quelle milizie, a base tribale, formate dagli Americani tra il 2005 e il 2006 per combattere AQI e, poi, in parte, integrate nell’apparato statale centrale. Dunque Maliki, invece di sfruttare lo stesso malcontento di ampie fette della popolazione di Anbar nei confronti del gruppo qaedista, ha continuato a soffiare sulle dinamiche settarie in un’escalation che l’ha portato, il 30 dicembre, a dare l’ordine all’Esercito di smantellare il campo dei manifestanti a Ramadi. Ne è scaturito un violento confronto con le milizie tribali che si erano schierate a protezione dei manifestanti, 10 dei quali sono rimasti uccisi. Lo scontro, però, ha aperto un fronte che si è rapidamente esteso ad altre zone della provincia - principalmente a Falluja - e che ha visto ISIL schierarsi prontamente con le milizie sunnite. Per cui quello che era un’alleanza coesa contro la minaccia di Al Qaeda in Iraq si è definitivamente sfaldata, vittima del settarismo, di faide interne e di gelosie dovute a una non equa spartizione delle cariche politiche. In questo modo il fronte sunnita di Anbar si è diviso in 2 schieramenti: uno fedele al Premier Maliki, non per scelta ideologica, ma perché legato a doppio filo alla struttura di potere da lui creata e beneficiario di ricadute politiche ed economiche, e l’altro tenuto fuori dalla spartizione del potere e animatore delle proteste di piazza degli ultimi 2 anni.

In questo modo, leader tribali che avevano combattuto fianco a fianco con gli Americani contro il gruppo qaedista si trovano ora divisi tra chi è entrato nel sistema clientelare di Maliki e chi ne è stato escluso. In questo momento, il maggior sostenitore del Governo sembra essere proprio Ahmed Abu Risha, fratello di uno dei fondatori dei Consigli del Risveglio, Abdul Satar Abu Risha, ucciso da Al Qaeda in Iraq nel 2007, di cui ha preso il posto. Primo promotore di una trasformazione verso un partito politico dei Consigli, quale forte leader tribale sunnita in aperta opposizione ad AQI ne è diventato il nemico pubblico numero uno. In realtà, inizialmente era stato uno degli animatori delle proteste contro il Governo, tanto che le autorità di Baghdad, nel febbraio 2013, lo avevano rimpiazzato come leader dei Consigli con Wisam al-Hardan, figura di spicco nel panorama tribale che però non ha mai avuto il sostegno popolare di Abu Risha. Il suo cambio di rotta è coinciso con le elezioni provinciali dell’aprile 2013 ed è legato, probabilmente, al “denaro” di Maliki. Il rientro di Abu Risha nelle fila governative non ha fatto che aumentare il malumore interno dei suoi oppositori e gli appelli da lui rivolti alle tribù di Anbar affinché combattessero il movimento qaedista nella regione sono stati utilizzati contro di lui e anche contro suo nipote Mohammed, per dipingerli come collaborazionisti del Governo e traditori del movimento di protesta di Anbar. Lo stesso Mohammed, uno dei primi animatori del campo dei manifestanti, è stato ritratto con il Generale Fadhil Barwari, comandante delle Forze Speciali, personalmente impegnato nella repressione dell’insurrezione a Ramadi e Falluja. Anche il nuovo Governatore di Anbar, Ahmed Khalaf al-Dulaimi, ha cambiato le proprie posizioni e da animatore della protesta, sempre all’indomani del voto provinciale dell’aprile 2013, si è spostato su posizioni filo-governative, seguendo la rotta tracciata da Abu Risha e dimostrando la fluidità della politica ad Anbar. Altre 2 componenti filo-governative sono rappresentate dalla tribù Albu Bali e dalla Albu Fahad, il cui leader, Rafi Abu Al-Naja, lo scorso 3 gennaio è sopravvissuto ad un attentato rivendicato da AQI.

Passando al fronte di opposizione a Baghdad, questo è formato da una serie di tribù, tra le quali la Albu Nimr, la al-Jmelat, l’al-Halbsa e l’Albu Issa, principalmente della zona di Falluja, dove le entità tribali non sono mai entrate nei Consigli del Risveglio e, anzi, hanno sempre mantenuto un atteggiamento di opposizione, più o meno celato, nei confronti del governo centrale. È in questo contesto che l’azione dell’ISIL si è potuta sviluppare non solo grazie alla più o meno velata accondiscendenza delle leadership tribali, ma anche grazie alle parallele operazioni di altri gruppi sunniti che hanno ulteriormente indebolito il sistema di sicurezza governativo. Tra questi vi è Jaysh Rijal al-Tariqah al-Naqshabandia (l’Esercito degli Uomini dell’Ordine di Naqshbandi), formazione baathista che fin dalla caduta del regime di Baghdad ha animato l’insorgenza sunnita, mai definitivamente sradicata, soprattutto ad Anbar, e che sembra essere ancora finanziata da Izzat Ibrahim al-Douri, ex vice di Saddam Hussein rifugiatosi all’estero ormai da anni. In questo modo si è venuta a creare una comunione di intenti tra movimento qaedista e insorgenza sunnita contro il nemico comune rappresentato dal governo centrale.

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