Geopolitical Weekly n.134

Geopolitical Weekly n.134

Di Andrea Tolfa e Stefano Sarsale
16.01.2014

Sommario: Egitto, Iran, Somalia, Thailandia

Egitto

I risultati preliminari del referendum egiziano per l’approvazione del nuovo testo costituzionale indicano che la maggioranza dei “si” ha raggiunto uno schiacciante 95%, con un’affluenza alle urne del 38% degli aventi diritto. Le votazioni si sono aperte in un clima di tensione crescente e si sono concluse con 400 arresti tra i manifestanti dei Fratelli Musulmani.
Nel nuovo testo vengono concessi ampi poteri ai vertici militari, come la possibilità di scegliere il Ministro della Difesa e di giudicare i civili nei tribunali militari. Vi sono maggiori libertà religiose e parità di diritti tra uomini e donne, e si stabilisce che lo Stato deve intraprendere le misure necessarie per garantire che le donne abbiano adeguata rappresentanza nel sistema istituzionale del Paese. Una serie di articoli, inoltre, pongono un serio ostacolo alla possibilità per i Fratelli Musulmani – già comunque messi al bando il mese scorso dal governo - di partecipare a future elezioni. Il nuovo testo, pur presentando sostanziali miglioramenti nel campo dei diritti umani, favorisce senza dubbio i militari in vista delle prossime elezioni presidenziali, alle quali potrebbe candidarsi anche il Generale al-Sisi, attuale Ministro della Difesa.
Quello che emerge sullo sfondo è comunque un paese spaccato in due. Da una parte troviamo infatti i sostenitori della Fratellanza che hanno senza successo tentato di boicottare l’approvazione del nuovo testo costituzionale e accusano il generale Abdel Fattah al-Sisi, di aver rovesciato il governo del primo e unico presidente liberamente eletto nella storia del Paese. Dall’altro lato, sembrano consolidare e legittimare il proprio consenso i vertici militari, che sembrano oggi godere dell’appoggio di ampia parte dello spettro politico laico e liberale egiziano.

Iran

Lo scorso fine settimana i negoziatori del gruppo 5+1 e le controparti iraniane hanno concordato l’avvio della fase operativa dell’accordo sul nucleare raggiunto a Ginevra lo scorso 23 novembre. La data dalla quale avrà inizio l’implementazione delle misure concordate è stata fissata al 20 gennaio 2014. Da quel giorno decorreranno i primi sei mesi di sospensione di alcune attività dell’industria nucleare iraniana. In particolare, si tratterà di interrompere l’arricchimento dell’uranio oltre il 5% e di riconvertire quello già arricchito al 20% in materiale non utilizzabile a scopi militari, come, ad esempio, in barre combustibili. Per contro, i Paesi occidentali si sono impegnati a sbloccare un importante ammontare di capitali iraniani congelati in varie banche europee e americane.

In vista dell’inizio del percorso di attuazione degli accordi, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) sta valutando la possibilità di rafforzare la propria presenza sul territorio iraniano aprendo un ufficio permanente a Teheran, al fine di eseguire un più efficace controllo sulle attività nei vari siti sotto osservazione.
L’intesa tra le parti sta dunque muovendo i primi passi, soprattutto grazie al disgelo tra Washington e Teheran seguito all’arrivo di Hassan Rohuani alla Presidenza iraniana. Ma il percorso verso il raggiungimento di una soluzione definitiva alla questione nucleare iraniana resta accidentato. Sia in Iran che in Occidente, gli ambienti più conservatori continuano a guardare ai negoziati con sospetto: da un lato e dall’altro, permane una forte diffidenza circa le reali e sincere intenzioni della controparte. In ogni caso, i progressi registrati negli ultimi tempi restano il miglior modo per permettere ad entrambe le Presidenze di dimostrare anche alle fazioni interne più scettiche la percorribilità della via negoziale.

Somalia

È di mercoledì 15 gennaio la notizia che gli attacchi legati alla pirateria hanno raggiunto nel 2013 il loro livello più basso dagli ultimi 6 anni. L’International Maritime Bureau (IMB) ha affermato nel suo report annuale sulla pirateria che 264 sono gli attacchi censiti nel mondo nel corso dello scorso anno, un calo netto del 40% a fronte dei 297 del 2012 e i 439 del 2011.
Una tendenza che conferma quindi l’efficacia alla lotta globale alla pirateria intrapresa dalla Comunità Internazionale, che a partire dal 2008, a seguito delle preoccupazioni espresse dall’Organizzazione Mondiale per il Commercio, ha deciso di adottare misure più efficaci nel contrasto al fenomeno. Proprio nel 2008, infatti, si erano verificati ben 11 attacchi a navi commerciali nella sola area somala, dati che avevano fatto guadagnare alla pirateria una posizione centrale nell’agenda della Comunità Internazionale.
Sul miglioramento dei dati a livello mondiale ha inciso, in particolare, il calo del numero degli attacchi in Somalia Le ragioni sono molteplici: va anzitutto considerata la deterrenza da parte delle unità navali internazionali schierate nell’area, così come le maggiori misure di sicurezza a bordo delle navi commerciali implicanti l’uso di guardie armate private. A questi due fattori va aggiunto il rafforzamento delle istituzioni del Paese, cosa che ha reso possibile l’accordo sulle deroghe al diritto internazionale del mare e consentito alle navi internazionali di proseguire gli inseguimenti all’interno delle acque territoriali somale.

Thailandia

Da ormai più di due mesi la Thailandia è scossa dalle proteste contro il governo di centinaia di migliaia di dimostranti. L’ultimo atto della vicenda in ordine di tempo è stato il tentativo da parte dei manifestanti (30 mila secondo gli organizzatori) di paralizzare la capitale, occupando fisicamente le strade del centro cittadino e gli incroci nevralgici.
All’origine di questo moto di protesta c’è una legge approvata dal Parlamento thailandese il primo novembre scorso, che prevede l’amnistia per alcuni reati politici. L’opposizione, con il Partito democratico in testa, sostiene che tale norma sia stata appositamente introdotta per consentire il rientro dall’esilio di Thaskin Shinawatra (condannato per corruzione nel 2008), ex Premier e fratello dell’attuale capo del governo, Yingluck Shinawatra. Secondo l’opposizione, la legge potrebbe accrescere troppo il potere della famiglia Shinawatra a discapito dei tradizionali equilibri politici.
Dello stesso pacchetto legislativo fa poi parte una norma che prevede la riforma dell’attuale sistema di nomina dei senatori thailandesi. La legge proposta della Premier Yingluck, che vorrebbe rendere totalmente elettiva l’assemblea (ora la nomina di metà dei parlamentari spetta a una commissione selettiva), non è per nulla gradita all’élite militare e reale, che in tal modo perderebbe un’importante opportunità per influenzare le decisioni dell’organo legislativo.
La prossima tappa della protesta, guidata dall’ex deputato del Partito democratico Suthep Thaugsuban, è quella del due febbraio, data in cui sono state fissate nuove elezione politiche. Ma i negoziati tra le parti in campo sono in febbrile evoluzione e non è detto che il voto non venga posticipato o addirittura cancellato.

Articoli simili