Geopolitical Weekly n.130

Geopolitical Weekly n.130

Di Fabiana Urbani e Salvatore Rizzi
28.11.2013

Sommario: Cina, Libia, Mali, Russia

Cina

Le relazioni della Cina con Giappone e Stati Uniti vivono una nuova escalation di tensione. La causa è stata l’istituzione da parte di Pechino di una Zona di Identificazione per la Difesa Aerea (ADIZ) che, racchiudendo gran parte del Mar Cinese Orientale, si sovrappone alla Zona Economica Esclusiva (ZEE) del Giappone. Con l’ADIZ gli aerei che sorvolano l’area devono fornire i propri piani di volo all’autorità cinese, mentre il diniego di informazioni porta potenzialmente all’attuazione di contromisure militari. I piani difensivi cinesi però non sono scattati quando due bombardieri B-52 dell’Aeronautica Militare degli Stati Uniti hanno sorvolato l’ADIZ senza identificarsi. La mossa statunitense ha dato il via alla violazione dell’ADIZ anche da parte del Giappone e della Corea del Sud. La mossa cinese è una chiara provocazione rivolta al Giappone per quanto riguarda le dispute nel Mare Cinese Orientale: queste, infatti, comprendono sia le isole Senkaku (chiamate Diaoyu dai cinesi) che il giacimento di gas di Chunxiao. Le rivendicazioni territoriali cinesi sul tratto di mare in questione hanno sempre trovato una reazione decisa da parte di Tokyo, coadiuvata da Washington, che anche stavolta non si è fatta attendere. Il braccio di mare conteso è strategico per Pechino, non solo perché è tra i più pescosi dell’Asia ed è un corridoio fondamentale dei traffici del Sud-est asiatico. Averne il pieno controllo porterebbe la Cina ad una maggiore influenza regionale e al contempo consentirebbe di allontanare ancor di più dalle sue coste la presenza della Marina Militare statunitense con le sue portaerei.

Libia

Continuano gli scontri in Libia tra Esercito e milizie paramilitari. Gli episodi più cruenti, negli ultimi giorni, si sono verificati a Bengasi, dove le forze regolari hanno cercato di eliminare la presenza in città di Ansar al-Sharia, milizia fondamentalista islamica. Seppur con difficoltà, i ribelli sono momentaneamente stati allontanati dal centro ed ora stazionano nella periferia pronti a sferrare una controffensiva. Ansar al-Sharia era già stata estromessa da Bengasi nell’ottobre del 2012, dopo che si era resa responsabile dell’assalto al consolato statunitense nel quale aveva perso la vita l’ambasciatore americano Chris Stevens, ma era riuscita nei mesi successivi a reimporre la propria presenza in città. Come allora, anche negli ultimi giorni i cittadini di Bengasi hanno manifestato contro la presenza della milizia islamista.

Gli scontri contro Ansar al-Sharia rientrano nel quadro di un più ampio tentativo da parte delle Forze Armate di ristabilire l’autorità statale su importanti fette di territorio finite sotto il controllo di milizie armate, spesso reduci dal conflitto contro il regime di Muhammar Gheddafi ma contraddistinte da agende e obiettivi disparati. In taluni casi, il governo è riuscito a trovare delle labili intese – soprattutto economiche - per esercitare una qualche forma di controllo sui leader delle milizie. Nel caso di Ansar al-Sharia, che disconosce in toto l’autorità del governo libico, le possibilità di giungere a un compromesso tra la leadership del gruppo e le autorità di Tripoli restano assai esigue.

Mali

Il 26 novembre è stato arrestato a Bamako il Generale Amadou Haya Sanogo, leader del colpo di Stato militare in Mali del 22 marzo 2012, con le accuse di omicidio e complicità in omicidio. I capi d’imputazione si riferirebbero alle uccisioni e alle sparizioni di soldati in seguito agli scontri dell’aprile 2012 tra i militari guidati da Sanogo e le truppe lealiste dell’esercito maliano.  L’arresto è stato disposto in seguito al blitz delle forze governative nell’abitazione di Sanogo, che nelle scorse settimane si era più volte rifiutato di apparire davanti al giudice per essere interrogato sulla morte di sei soldati.

Il colpo di Stato militare guidato da Sanogo aveva portato alla destituzione del Presidente Amadou Toumani Touré, colpevole secondo i golpisti di non aver saputo gestire le rivolte dei tuareg nelle regioni settentrionali del Mali. Sanogo si era poi autoproclamato leader del Comitato Nazionale per il Ristabilimento della Democrazia e la Ricostituzione dello Stato (CNRDRS), ponendosi a capo della giunta militare che ha guidato il Paese fino al 6 aprile 2012. In seguito all’intervento dell’Organizzazione Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), Sanogo è stato costretto a dimettersi, riconsegnando il potere alle autorità civili. Egli, tuttavia, non è mai uscito dalla scena politica e ha continuato ad influenzare le istituzioni del Paese da Kati, campo militare e roccaforte dei golpisti a 15 km da Bamako. L’arresto di Sanogo consente al neoeletto Presidente Ibrahim Boubacar Keita di ridimensionare il potere di una personalità influente, che gode ancora del sostegno di parte dei militari, nel tentativo di riprendere il pieno controllo sulle forze armate e avviare una difficile normalizzazione interna sostenuta da Minusma (Mission multidimensionnelle intégrée des Nations Unies pour la stabilisation au Mali).

Russia

Nella notte tra il 26 e il 27 novembre una squadra dell’OMON (O_trjad Milizii Osobovo Naznačenija_, Unità Speciale della Polizia russa) ha arrestato, in un quartiere orientale di Mosca, 15 presunti terroristi appartenenti al gruppo jihadista al-Takfir wal Hijra, sospettati di pianificare attentati in territorio russo. Il movimento terroristico, nato in Egitto nel 1970, è stato bandito dalla Federazione Russa nel 2010, in seguito alla sentenza della Corte Suprema che ha accusato il gruppo di incitare all’odio interetnico e interreligioso.

L’arresto dei presunti terroristi ha ridestato l’allerta del Cremlino in vista dei Giochi Olimpici invernali che si svolgeranno in Russia dal 7 al 24 febbraio 2014. La cittadina nella quale si terrà la manifestazione, Sochi, si trova sul Mar Nero, nei pressi del Caucaso del Nord, che rappresenta una delle zone di maggior tensione all’interno della Federazione Russa. Qui, infatti, nel 2007 è nato l’Emirato del Caucaso, entità autoproclamatasi indipendente dal governo di Mosca il cui leader è Doku Umarov. Lo scorso luglio Umarov aveva pubblicato un video nel quale invitava i miliziani ceceni a colpire la Russia durante i Giochi invernali. Putin ha dichiarato di usare il pugno duro contro i terroristi che minacciano le Olimpiadi, definendo un imponente piano di sicurezza per Sochi.

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