Intelligence and Defence Update n°62

Intelligence and Defence Update n°62

Di Staff Ce.S.I.
19.05.2014

Sommario: Egitto, Germania, Italia, Russia, Stati Uniti

Egitto­­­

A breve Washington dovrebbe sbloccare 650 milioni di dollari a favore del Governo egiziano, fondi che in precedenza erano stati congelati in seguito alla deposizione, nel 2013, del Presidente Mohammed Morsi. Il finanziamento fa parte di un pacchetto di Foreign Military Financing del valore di 1,3 miliardi di dollari, a valere sul bilancio 2014. I fondi rimanenti saranno erogati una volta che il Dipartimento di Stato avrà certificato il ritorno in Egitto di una condizione democratica: fino a quel momento, secondo la normativa statunitense, potranno essere erogati solo alcune tipologie di aiuti, tra cui, ad esempio, quelli aventi finalità anti-terrorismo.

Lo scongelamento di questi fondi coincide, infatti, con l’avvio delle procedure per la consegna di 10 elicotteri Apache AH-64D Longbow, a lungo richiesti dalle autorità egiziane per le operazioni di contro-terrorismo nella Penisola del Sinai. La richiesta era stata inoltrata alle autorità statunitensi nel 2009 e originariamente comprendeva: 12 elicotteri Boeing Apache, con relativo equipaggiamento, parti di ricambio, addestramento e supporto; 27 motori General Electric T700-GE-701D; 36 sistemi “night-vision” per acquisizione e designazione bersagli; 28 lanciamissili M299 Hellfire Longbow, prodotti da Lockheed Martin, 14 jammer all’infrarosso AN/ALQ-144 e 14 suite di guerra elettronica AN/APR-39B, prodotti da Northrop Grumman.

La ritrovata disponibilità di questi fondi dimostra come gli Stati Uniti intendano continuare ad utilizzare la cooperazione militare come una leva politica, per mantenere nella propria sfera d’influenza il governo egiziano. Ciò risulta di fondamentale importanza soprattutto in una fase come quella attuale, di debolezza interna, di faticosa ricostruzione e, soprattutto, di recrudescenza dell’attività jihadista, capace quest’ultima di costituire una minaccia non solo per l’Egitto, ma anche per il confinante Israele.

Germania

Secondo fonti di stampa tedesche, il Ministro dell’Economia di Berlino Sigmar Gabriel, socialdemocratico, avrebbe bloccato la vendita all’Arabia Saudita di ben 800 carri armati Leopard 2, prodotti dalla Krauss-Maffei Wegman. Adducendo motivazioni di natura essenzialmente politica, l’SPD, che partecipa alla coalizione di governo insieme alla CDU di Angela Merkel, avrebbe infatti espresso da tempo una serie di riserve, incentrate sul timore di un ritorno d’immagine negativo laddove, ad esempio, carri armati tedeschi venissero utilizzati per operazioni di repressione interna, sulla falsariga di quanto successo in Bahrein nel 2013.

I sauditi sarebbero stati interessati, in particolare, alla versione A7+, mostrata all’Eurosatory 2010. Oltre ad una serie di interventi che hanno interessato essenzialmente gli apparati di guida e di propulsione, questa versione è ottimizzata per le operazioni in ambiente urbano, essendo dotata di nuove protezioni antimina, di una weapon station a controllo remoto e di una corazzatura reattiva (opzionale).

Gli upgrade suscettibili di fare la differenza, però, sono altri. Uno è il nuovo cannone Rheinmetall L55 da 120mm, capace di sparare proiettili a detonazione ritardata, ideali per l’eliminazione di bersagli posti all’interno di fabbricati. L’altro consiste nella possibilità di installare una vasta gamma di accessori per le operazioni del genio militare, sulla scorta delle buone pratiche israeliane, statunitensi e canadesi, sviluppate rispettivamente nei teatri operativi della Striscia di Gaza, dell’Iraq e dell’Afghanistan.

Nonostante la proverbiale cautela tedesca nell’esportazione di armamenti, le Forze Armate saudite si sarebbero fatte avanti con le autorità di Berlino sin dal 2011. La commessa saudita avrebbe generato un importante ritorno finanziario ed occupazionale, in virtù, secondo fonti di stampa, di un valore di ben 18 miliardi di Euro. La decisione tedesca potrebbe quindi aprire inaspettate finestre di opportunità per la concorrenza internazionale e, in particolare, per paesi come Francia, Turchia, Stati Uniti e Corea del Sud.

Italia

Alenia Aermacchi ha annunciato di aver completato il primo volo di prova del MC-27J Praetorian, versione multimissione del trasporto tattico C-27J Spartan. Presentato durante l’edizione 2012 del Salone Aeronautico di Farnborough, il Praetorian è sviluppato da Alenia Aermacchi con la collaborazione dell’azienda statunitense ATK, per la realizzazione dei sistemi di missione e di supporto aria-suolo, e dell’italiana Selex ES, per gli apparati di comunicazione e data link.

Il velivolo testato ha subito numerose modifiche, al fine di aggiungere le previste capacità C2, ISR, SAR, di ritrasmissione dei segnali radio e di appoggio al fuoco, diretto e indiretto. Sotto il muso, ad esempio, è stata installata una torretta elettro-ottica infrarosso L-3 Wescam MX-15Di, così come sono state apportate le modifiche hardware e software necessarie all’implementazione delle funzionalità di data link Link-16 e dei nuovi sistemi di comunicazione criptati.

Il velivolo è stato inoltre modificato per la futura installazione dei pallet modulari roll-on/roll-off di ATK e di un’apposita porta laterale scorrevole, studiata per il brandeggio del cannoncino GAU-23 da 30mm. Alenia è intenzionata inoltre ad espandere le capacità offensive del Praetorian, tramite l’integrazione di una vasta gamma di munizioni di precisione, come la GBU Viper Strike di MBDA e il Griffin AGM di Raytheon, da installarsi sotto le ali o da alloggiare in appositi tubi di lancio interni.

In occasione del Dubai Airshow 2013, l’Aeronautica Italiana è stata identificata come il cliente di lancio del Praetorian, con un requisito iniziale prima di tre e poi di sei Spartan, da convertire entro il 2016. Potrebbero essere “elevati” allo standard MC-27J anche i sette C-27J che saranno presto trasferiti dall’USAF all’AFSOC: la notizia manca di ufficialità, sebbene Alenia Aermacchi abbia confermato di aver recentemente ragguagliato l’AFSOC circa le capacità del Praetorian. Per il MC-27J è stato individuato dalla stessa Alenia Aermacchi un mercato potenziale di circa 50 velivoli, con particolare riferimento a Medio Oriente, Sudamerica e Asia.

Russia

Un terzo reggimento armato del sistema antiaereo S-400 è stato schierato dalle Forze Armate russe a difesa di Mosca e della regione circostante, la più popolosa e la più industrializzata di tutta la Russia. Il reggimento è stato schierato presso la cittadina di Zvenigorod e si aggiunge a quelli già dislocati presso Dmitrov ed Elektrostal. Altri reggimenti armati di S-400 sono già schierati a Nakhodka, nei pressi di Vladivostok, a Kaliningrad, sul Baltico, e a difesa del Distretto Militare Meridionale.

Schierato per la prima volta nel 2007, l’S-400 è destinato a diventare il perno del sistema russo di difesa aerea: entro il 2020, infatti, è in programma il dispiegamento di 28 reggimenti, ognuno costituito da 2-3 battaglioni, dotati a loro volta di quattro sistemi ciascuno. Con questi numeri il sistema potrebbe non essere sufficiente a garantire la protezione dell’intero territorio russo, ma una volta dislocato lungo i confini e lungo le coste dovrebbe garantire la difesa delle città principali e delle installazioni strategiche.

Sviluppato dall’Almaz Central Design Bureau nella seconda metà degli anni '90, come upgrade della piattaforma S-300, l’S-400 può colpire un massimo di 26 bersagli simultaneamente, fino ad una distanza di 400 km e ad un altitudine di 50 km. Può inoltre utilizzare una vasta gamma di munizioni, capaci di coprire tutte le distanze di ingaggio e tutte le tipologie di bersagli, inclusi velivoli e missili, sia balistici che da crociera.

L’S-400 ha suscitato da sempre un certo interesse sul mercato internazionale, nonostante nel 2012 l’agenzia Rosoboronexport avesse chiarito che il sistema non sarebbe stato esportato prima del 2015 e che, nel frattempo, tutte le unità prodotte sarebbero state destinate al mercato interno. Secondo fonti di stampa, però, il Presidente russo Putin avrebbe recentemente autorizzato la vendita dell’S-400 alla Cina, interessata al sistema SAM già dal 2011. Una Cina dotata di S-400 risulterebbe certamente capace se non di modificare a proprio vantaggio i rapporti di forza sullo scacchiere asiatico, almeno di controbilanciare efficacemente le mosse dei propri avversari, costringendo Paesi come Taiwan, Giappone e India a rivedere, o a rafforzare, le proprie opzioni strategiche, sia in termini di armamenti che dottrinali.

Stati Uniti

La Marina Militare statunitense ha firmato un contratto da 17,6 miliardi di dollari per la costruzione di dieci nuovi sottomarini nucleari classe Virginia, al ritmo di due all’anno per i prossimi cinque anni. Sono dieci i Virginia già in servizio, mentre sono otto quelli attualmente in fase di realizzazione, per un requisito totale di 30 esemplari.

Originariamente varata nel 2003, la classe Virginia è stata sviluppata sulla base della classe Seawolf, di cui mantiene la bassa tracciatura sonora, ma rispetto alla quale ne riduce dimensioni e costi, ritenuti eccessivi rispetto alle esigenze post-Guerra Fredda. La classe Virginia, infatti, è stata sviluppata per soddisfare i requisiti più comuni degli scenari operativi odierni, offrendo non solo avanzate capacità network-centriche per la raccolta e la disseminazione di informazioni, ma anche una sostanziale versatilità multi-missione, anti-som e anti-nave, sia in navigazione d’altura che sotto costa. L’inclusione di un rivestimento anecoico, di una struttura a ponti isolati e di un propulsore di nuova concezione consente inoltre elevate prestazioni stealth, particolarmente indicate in ambito ISR e SPECOPS.

Lungo 377 piedi e largo 34, la classe Virginia presenta una stazza di 7.800 tonnellate e può esprimere una velocità massima di 25 nodi, nonchè una capacità di immersione fino a 800 piedi. Armati di siluri avanzati Mark 48 e di missili per l’attacco al suolo Tomahawk, i Virginia risultano attrezzata anche per il rilascio di eventuali veicoli sottomarini a pilotaggio remoto.

Il primo esemplare deI terzo lotto di produzione, il SSN-784 North Dakota, è dato in consegna per quest’estate, sebbene i problemi recentemente riscontrati sui nuovi tubi di lancio lascino presagire un ritardo nella consegna. A differenza dei tubi di lancio convenzionali, capaci di ospitare ciascuno un solo missile Tomahawk, i nuovi alloggiamenti permettono il lancio di un numero e di una gamma maggiore di missili, consentendo quindi una maggiore versatilità operativa e una sensibile riduzione dei costi, sia di costruzione che di mantenimento.

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