Successione al trono saudita, con Re Salman si prepara la generazione dei nipoti
Medio Oriente e Nord Africa

Successione al trono saudita, con Re Salman si prepara la generazione dei nipoti

Di Lorenzo Marinone
22.03.2015

Si sono svolti il 23 gennaio scorso a Riyadh i funerali di Re Abdullah, 90enne e malato da tempo. Il sovrano guidava ufficialmente l’Arabia Saudita dal 2005, ma in realtà aveva preso in mano il Regno già 10 anni prima, quando il suo predecessore, Re Fahd, era stato colpito da un grave infarto. Lo stesso giorno dei funerali di Abdullah si è tenuta la cerimonia d’insediamento del suo successore, il fratello Salman, che sale al trono all’età di 79 anni. Salman è il 25esimo genito di Abdulaziz ibn Saud, sovrano dal 1932 al 1953 e fondatore della moderna Arabia Saudita. La famiglia dei Saud controlla vasti territori nella Penisola Arabica fin dalla metà del 18° secolo, comprese le città sante di La Mecca e Medina, grazie all’alleanza con la corrente sunnita wahhabita, che in quel periodo si andava diffondendo nella Penisola. Il teologo Mohammad ibn Abd al-Wahhab, da cui questa branca dell’Islam prende il nome, offrì obbedienza politica al capostipite dei Saud in cambio di protezione e adesione alla sua dottrina. L’alleanza con i wahhabiti, che dura tuttora, diede modo alla casa regnante di imporsi sulle altre tribù della Penisola e conferì stabilità alla sua dominazione.

In un tale contesto, il meccanismo che regola la successione al trono riveste un’importanza fondamentale. Infatti, la casa dei Saud, i cui discendenti, fra figli e nipoti, sono centinaia, occupa tradizionalmente tutte le maggiori cariche dello Stato sia a livello politico che amministrativo, sicché il Paese è, di fatto, controllato da una sola famiglia. Per mantenere intatti i rapporti familiari ed evitare che la dinastia sia dilaniata da conflitti intestini difficili da ricomporre, è quindi necessario trovare una qualche forma di accordo sull’individuazione del legittimo pretendente al trono.

Dalla rifondazione moderna della casa regnante dei Saud fino ad oggi, tutti i Re dell’Arabia Saudita sono stati scelti nella cerchia della prima generazione, cioè fra i figli di ibn Saud, sbarrando il passo alla generazione dei nipoti. In realtà un grande numero di cariche di governo e di posti di responsabilità viene appunto lasciato ai nipoti, in modo tale che accumulino l’esperienza tecnica e politica necessaria. In questo modo, peraltro, diventa piuttosto improbabile che un esponente della nuova generazione possa tentare di forzare la mano, in quanto non è escluso del tutto dalla gestione del potere. Fra i figli di ibn Saud un gruppo di 7 fratelli, chiamati Sudairi per la comune discendenza da questo ramo della famiglia, avendo acquisito maggior potere rispetto agli altri pretendenti sotto il regno di Re Fahd a partire dal 1982, ha stretto un patto per far sì che sia scelto uno di loro come futuro sovrano del Paese. Ai Sudayri appartengono anche i pretendenti alla corona Sultan e Nayef, morti prima di accedere al trono, e l’attuale Re Salman.

Durante gli ultimi anni del suo regno, Re Abdullah ha preso due decisioni rilevanti con lo scopo di garantire un indirizzo chiaro alla successione al trono. All’inizio del 2014 ha nominato come vice-erede, ovvero come successore di Salman, il principe Muqrin, un altro dei figli di ibn Saud. La decisione è arrivata tramite un decreto, strumento legislativo del tutto irrituale per la regolazione della materia. Con questo gesto il sovrano ribadiva dunque la volontà di procedere ancora una volta per via orizzontale nella successione. Sempre nell’ottica di facilitare il passaggio di potere, nel 2006 Re Abdullah aveva creato la “Hay’at al-Bay‘ah” (Consiglio della Lealtà), organo deputato all’individuazione, volta per volta, del nuovo erede al trono, che è chiamato a riunirsi nelle ore immediatamente successive alla morte del sovrano in carica. L’attuale Re Salman invece ha preso una decisione differente. A poche ore dalla cerimonia di incoronazione, e come primo provvedimento del suo regno, il nuovo sovrano ha scelto di orientare il Consiglio della Lealtà verso due nomine di rilievo. Come nuovo vice-erede ha indicato il 55enne Mohamed bin Nayef, nipote di ibn Saud e attuale ministro dell’Interno, mentre un posto chiave come il Ministero della Difesa è stato assegnato a Mohamed bin Salman, figlio 35enne dell’attuale sovrano. In tal modo Salman porta la dinastia dei Saud verso il passaggio di potere alla nuova generazione.

Bin Nayef si è fatto strada negli anni seguendo le orme del padre Nayef bin Abdulaziz, ministro dell’Interno dal 1975 fino alla sua morte nel 2012, oltre che erede al trono designato dopo la scomparsa del Principe Sultan avvenuta l’anno prima. Anche bin Nayef, infatti, può vantare una lunga carriera in quel ministero. Dal 1999 fu assistente presso il ministro dell’Interno in materia di sicurezza, distinguendosi sia per l’ideazione di un piano governativo di counter-insurgency, sia per l’effettiva lotta condotta contro il terrorismo interno, principalmente gruppi jihadisti che sarebbero confluiti in seguito in al-Qaeda nella Penisola Arabica. Fra il 2003 e il 2006 questi gruppi avevano intensificato le proprie attività nel Paese, arrivando a compiere attentati complessi per pianificazione come l’attacco alla città di Khobar e quello all’ambasciata americana a Jeddah. Bin Nayef riuscì a ridurre notevolmente la minaccia dell’insorgenza, anche grazie a una stretta collaborazione con i funzionari americani dell’anti-terrorismo, e già dal 2004 fu nominato vice Ministro dell’Interno.

Se il rapporto con gli USA (storicamente i principali alleati di Riyadh) e la tutela della sicurezza e della stabilità del Paese costituiscono fattori di estrema rilevanza nella nomina di bin Nayef a vice-erede al trono, bisogna notare che percorsi e successi simili possono essere rivendicati anche da altre personalità di Casa Saud. Fin dai primi anni 2000 sembrava che Bandar bin Sultan, anch’egli nipote di ibn Saud, fosse uno dei più probabili futuri sovrani dell’Arabia Saudita. Bandar ricoprì la prestigiosa carica di ambasciatore a Washington per oltre 20 anni, dal 1983 al 2005, quando Re Abdullah lo richiamò per affidargli la gestione del neonato Saudi National Security Council (SNSC), organo di coordinamento fra i principali ministeri e funzioni legati alla sicurezza. Come ambasciatore si trovò quindi a gestire passaggi delicati come l’uso statunitense delle basi aeree militari saudite a partire dalla prima guerra del Golfo e il post 11 settembre 2001. Fra il 2012 e il 2014 è stato anche a capo dell’intelligence saudita. Tuttavia la parabola politica di Bandar termina con il fallimento nella gestione del dossier siriano, che gli era stato affidato fin dall’inizio del conflitto. A beneficiarne è stato bin Nayef, che ha ereditato il dossier dal febbraio 2014, data che segna il passaggio di consegne definitivo fra i due.

La nomina di bin Salman a Ministro della Difesa risponde a una logica simile. Questo ministero, infatti, ha certamente grande rilievo per l’ampia disponibilità di spesa annuale e perché rappresenta il perno del contrasto al principale rivale della regione, l’Iran. Ma soprattutto, per restare sul fronte interno, svolge una funzione di contrappeso rispetto alla Guardia Nazionale dell’Arabia Saudita (SANG). Storicamente la SANG ha svolto il delicato compito di servire da collante fra le diverse tribù della Penisola, accogliendole sapientemente fra i suoi ranghi, oltre a fungere da deterrente per eventuali colpi di Stato che vedano coinvolto l’Esercito. Come misura precauzionale, quindi, non dipende dal Ministero della Difesa bensì direttamente dal sovrano. Dal 2013 ha acquisito inoltre la possibilità di influire apertamente nel campo politico grazie alla creazione di un apposito ministero della Guardia Nazionale. Il Principe Mutaib, figlio di Abdullah, ne ha preso le redini nel 2013 per volontà del padre. Una volta salito al trono, Salman non ha messo mano ai vertici militari e politici della SANG, ma ha proceduto a nominare il figlio Mohamed ministro della Difesa, carica già ricoperta da Salman stesso fin dal 2011. Inoltre Mohamed è stato nominato Segretario Generale della Corte Reale, carica importante che annovera fra i suoi poteri quello di decidere chi può ricevere udienza dal Re (dunque svolge una funzione “protettiva”), nonché la direzione di un organo di indirizzo economico appena creato, il Consiglio per gli Affari Economici e lo Sviluppo, del quale fanno parte anche i ministri del Petrolio e delle Finanze.

Vi è infine una questione anagrafica che non deve essere tralasciata. Il 35enne Mohamed, infatti, va a ricoprire giovanissimo una carica di notevole spessore. Da un lato questo fatto potrebbe far pensare che il vero decisore in materia di Forze Armate resti ancora per qualche tempo Salman. Dall’altro bisogna però notare che Mohamed inizia ad accumulare quell’esperienza e quell’autorevolezza (anche di fronte ai diversi rami della famiglia Saud) che potranno poi rivelarsi necessarie nel momento in cui aspirasse seriamente alla guida del regno.

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