Il significato delle elezioni presidenziali in Tunisia
Medio Oriente e Nord Africa

Il significato delle elezioni presidenziali in Tunisia

Di Andrea Ranelletti
24.11.2014

La tornata elettorale di domenica 23 novembre non è stata, come da previsione, sufficiente a decretare il nome del nuovo Presidente della Repubblica e a porre idealmente fine al processo di transizione alla democrazia avviato all’indomani della destituzione di Ben Ali nel 2011.

Secondo quanto riportato negli exit poll successivi al voto, l’unico candidato accreditato per una potenziale elezione al primo turno, l’ottantasettenne Beji Caid Essebsi, leader del partito centrista Nidaa Tounes, vincitore delle parlamentari dello scorso ottobre, non avrebbe difatti raggiunto la soglia del 50%, fermandosi a una percentuale di voti compresa tra il 40 e il 45%. Il principale rivale di Essebsi è il Presidente uscente Moncef Marzouki, leader del partito progressista secolare Congresso per la Repubblica (CPR), che avrebbe raccolto tra il 32 e il 35% delle preferenze. Secondo l’Organo Indipendente Superiore per le Elezioni (ISIE), commissione incaricata di monitorare il corretto svolgimento delle votazioni, il 64% dei quasi 5 milioni di votanti registrati si sono recati alle urne, un numero che ricalca la partecipazione al voto legislativo dello scorso ottobre.

Nonostante i dubbi suscitati dalla sua cinquantennale permanenza all’interno del Rassemblement Constitutionnel Democratique (RCD, il partito di Ben Ali) e dalle sue condizioni di salute, Essebsi pare quindi essere riuscito a replicare il successo delle parlamentari, nelle quali il suo partito è riuscito a ottenere 85 seggi contro i 69 dei rivali di Ennahda, movimento islamista che aveva capitalizzato inizialmente il malcontento popolare e la “Rivoluzione dei Gelsomini” del 2011. Membro di spicco dell’élite politica dusturiana che ha di fatto posto le basi per l’edificazione della Tunisia indipendente, Essebsi ha avuto un ruolo centrale nel corso della Presidenza Bourguiba (1957-1987), ricoprendo a più riprese incarichi ministeriali, mantenendo invece un ruolo più defilato sotto il regime di Ben Ali. Ritenuto generalmente il candidato delle classi medio-alte della Tunisia, Essebsi sembra aver in realtà trovato la propria forza nella capacità di presentarsi come garante di una stabilizzazione in un Paese spaventato dalla minaccia radicale islamica e dal timore per la possibile apertura di una nuova fase d’incertezza e instabilità.

Il fronte dei suoi oppositori, un variegato mosaico di movimenti laici progressisti e fazioni islamiste, continua a etichettare Essebsi come il portatore degli interessi delle alte gerarchie del dissolto RCD, intente a tornare a consolidare la propria presa sul Paese dopo la stagione delle rivoluzioni.

Nonostante il crollo del suo CPR nel corso delle ultime parlamentari (il partito ha raccolto solo 4 seggi nelle elezioni di ottobre) e il malcontento diffuso nei confronti della sua Presidenza, Moncef Marzouki è riuscito a mantenere ridotto il divario con Essebsi, presentandosi come unico credibile oppositore del leader di Nidaa Tounes. A più riprese accusato dall’elettorato secolare, che nel 2011 lo aveva appoggiato per la credibilità fornitagli dalla resistenza contro la dittatura di Ben Ali, di aver stretto un patto di governo con il partito islamista Ennahda, Marzouki sembrava inizialmente destinato a soccombere all’ascesa di Essebsi. La scelta dell’ex-Presidente di impostare la propria campagna contro Essebsi come una lotta tra le forze che hanno condotto alla rivoluzione in Tunisia e quelle del vecchio regime sembra aver pagato, consentendogli di affrontare il ballottaggio con un margine di svantaggio elevato ma non incolmabile.

Sarà ora importante comprendere in quale maniera si struttureranno i sistemi di alleanza e come si collocheranno le varie forze partitiche attorno a Essebsi e Marzouki e, soprattutto, come verrà ridistribuito il voto di chi ha appoggiato i candidati che non hanno superato il primo turno. Tra questi, va registrato l’insuccesso di Slim Riahi, noto imprenditore e leader dell’Unione Patriottica Libera (FPU) che aveva cercato di sfruttare il proprio carisma per imporre una serie di riforme politiche ed economiche tese a liberalizzare l’economia tunisina e riavviare la crescita. Infatti, nonostante le alte spese sostenute per portare avanti la propria campagna elettorale, Riahi non è riuscito a ottenere l’appoggio dei tunisini, attestandosi attorno al 5% dei voti. Ha fatto leggermente meglio il leader del Fronte Popolare Hamma Hammami, storico attivista della sinistra marxista, che ha ottenuto quasi il 10% dei voti, una quantità sufficiente a muovere gli equilibri nella battaglia tra Marzouki ed Essebsi e a garantire un rilevante potere negoziale al suo partito nell’assegnazione dei futuri incarichi istituzionali.

In tal senso, sarà fondamentale comprendere in quale direzioni si muoverà il voto dei sostenitori di Ennahda, che ha deciso di non presentare un proprio candidato alle elezioni presidenziali per evitare, ufficialmente, di esasperare il grado di polarizzazione nel Paese. Qualora una consistente porzione dell’elettorato islamista decidesse di sostenere Marzouki per impedire un eccessivo rafforzamento di Essebsi, l’ex Presidente potrebbe avere maggiori speranze per una rielezione, garantendo un maggiore bilanciamento dei poteri politici nel Paese.

Al contrario, in caso di vittoria al ballottaggio e grazie alle importanti prerogative riservate dalla Costituzione alla carica presidenziale, tra i quali estesi poteri esecutivi, in materia di fisco, sicurezza e Affari Esteri, Essebsi e Nidaa Tounes potrebbero significativamente rafforzare la propria presa sul Paese, consentendo al partito di gestire con un elevato grado d’indipendenza le istituzioni e la vita politica tunisina, entrambi frenati, nell’ultimo anno, da una logica di larghe intese che ha, di fatto, rallentato o bloccato qualsiasi azione incisiva da parte del governo.

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