Il viaggio di Xi in America Latina
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Il viaggio di Xi in America Latina

Di Sabella Festa Campanile
07.07.2013

Il 7 e l’8 giugno si è svolto in California l’attesissimo summit bilaterale tra Obama e il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping. Sempre a giugno, pochi giorni prima che Xi atterrasse nel Golden State, l’aereo presidenziale cinese ha sorvolato i cieli di Trinidad e Tobago, Costa Rica e Messico atterrando in ognuno di questi tre Stati. Durante la tre giorni di visita presidenziale nella Repubblica di Trinidad e Tobago, Xi ha incontrato i leader di altri otto dei venticinque Paesi membri dell’Associazione degli Stati Caraibici, Antigua e Barbuda, Barbados, Bahamas, Dominica, Granada, Guyana, Suriname e Giamaica. L’intenzione di consolidare e approfondire una già esistente amicizia ed espandere la cooperazione economica sono gli obiettivi che Xi stesso ha dichiarato essere alla base del viaggio.

I rapporti che legano Cina e America Latina risalgono a secoli fa quando nel periodo della dinastia Ming (1368-1644) cominciarono a fiorire i primi scambi commerciali tra l’impero e le zone ora corrispondenti a Messico e Perù. Per parlare di legami ufficiali bisogna però aspettare la fine del XIX secolo quando la dinastia Qing comincia a intessere relazioni diplomatiche con Messico, Cuba, Brasile e Panama. La lontananza geografica insieme alle numerose differenze storiche e culturali oltre che di lingua, hanno fatto sì, però, che l’America Latina non rientrasse nell’agenda della politica estera cinese per molto tempo. La recente attenzione della classe dirigente della Repubblica Popolare culminata con la visita di Xi, annuncia una virata d’interesse verso l’area e, per i più maliziosi, un’incursione nel cortile di casa statunitense.

La scelta delle tre tappe sembra confermare l’ipotesi di un chiaro segnale inviato agli USA e al loro “pivot” verso l’Asia. Nonostante la presenza in America Latina di Paesi ideologicamente affini alla Repubblica Popolare, come nel caso del Venezuela o Cuba, o di significativi partner commerciali, come il Brasile, che, insieme ad Argentina, Perù e Cile, è considerato uno dei partner strategici cinesi, Xi ha deciso di recarsi in nazioni con cui intrattiene rapporti meno intensi, ma che ricoprono una forte valenza simbolica. E di farlo un mese dopo la visita di Obama in Costa Rica e Messico. Una somiglianza di percorso che non passa inosservata e che risuona come un chiaro messaggio.

La prima tappa presidenziale è stata la Repubblica di Trinidad e Tobago, il primo Paese nei Caraibi a compiere lo switch nel riconoscimento della PRC al posto di Taiwan e a votare a favore del suo ingresso all’Onu nel 1971. L’incontro con il Primo Ministro Bissessar si è focalizzato sulla collaborazione bilaterale tra i due Paesi nei settori energetico, commerciale e culturale. Durante il soggiorno a Port of Spain, Xi ha annunciato prestiti per 3 miliardi di dollari ai capi di Stato delle otto nazioni caraibiche qui incontrati.

Dopo il piccolo stato insulare, il Presidente della Repubblica Popolare è atterrato in Costa Rica, seconda visita ufficiale di un uomo di stato cinese da quando, nel 2007, la nazione ha tagliato i legami convenzionali con la Repubblica di Cina (Taiwan) per costruire relazioni diplomatiche con la mainland. Anche in questo caso, nonostante le due nazioni intrattengano rapporti da soli 6 anni, i propositi per il futuro sono stati concentrati sui reciproci vantaggi derivanti dalla cooperazione economica: la Cina sostiene il Costa Rica, Paese con un’economia di circa 36 miliardi di dollari e una popolazione di 4.8 milioni di persone, nella creazione di una “zona economica speciale” in grado di attrarre più investimenti stranieri.

Inoltre, durante la sua visita Xi ha firmato accordi che prevedono ingenti investimenti a livello d’infrastrutture e progetti energetici. In cambio il Paese caraibico continua a supportare la “One China Policy” in una zona, quella dell’America centrale, in cui vi sono 23 nazioni che ancora riconoscono Taiwan.

Ultima fermata prima di arrivare in California è stata il Messico, Paese che intrattiene con Pechino un rapporto carico di ambivalenza. Il Messico è uno dei partner strategici della Cina, ma ciò non toglie che tra le due nazioni esista un rapporto di rivalità. I due Stati condividono non solo il loro maggiore mercato di sbocco, ossia gli Stati Uniti, ma il Messico soffre anche della relazione impari tra export ed import che lo lega alla Cina e che attribuisce a quest’ultima 57 miliardi di dollari in termini di beni esportati, contro i soli 5.7 miliardi dello Stato americano. Ciò nonostante, le rinnovate leadership in entrambi i Paesi mostrano l’intenzione di colmare il gap che li divide e creare le condizioni adatte per una maggiore collaborazione futura.

Alla luce degli elementi che hanno caratterizzato il viaggio del leader cinese è possibile affermare che tra i vari obiettivi di Xi certamente quello economico è tra i principali. Da alcuni anni ormai la Cina guarda con crescente interesse all’America centrale soprattutto dopo l’avvento della crisi finanziaria che ha duramente colpito le economie occidentali e che ha determinato un cambiamento nell’approccio ai Paesi dell’area da parte degli Stati Uniti, costringendoli a ridurre e in alcuni casi tagliare gli aiuti predisposti. In questo vuoto penumatico potrebbe inserirsi Pechino con l’obiettivo a lungo termine di fronteggiare l’influenza statunitense grazie al finanziamento di numerosi progetti economici. Isolare ancora di più Taiwan diplomaticamente è un altro dei possibili scopi celati dietro il viaggio di Xi, e la “Dollar Diplomacy” utilizzata da Pechino ne è una valida dimostrazione.

La Repubblica Popolare non manca di rivolgere un tacito monito agli Stati Uniti concedendosi un’incursione nell’area di influenza di Washington. Una risposta al pivot verso l’Asia di Obama che, se da una parte ha dato conforto ai Paesi della regione supportandoli dinanzi alla crescente assertività cinese, dall’altra contribuisce a mantenere alta la tensione nei confronti di Pechino influenzando l’approccio dei vicini nei confronti della Repubblica Popolare.

La visita di Xi in America Latina ha fondamentalmente una finalità economica, come detto, e non mira a creare ostilità anti-americana, ma ciò non toglie che Pechino è entrata “senza chiedere permesso” nel cortile di casa degli USA proprio quando l’egemonia di questi nel Pacifico si fa sentire con forza. Una mossa, quella cinese, che seppur fatta nel pieno rispetto dei principi cari alla nazione, potrebbe non piacere a Washington.

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