L’Europa di Visegrad
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L’Europa di Visegrad

Di Pietro Lucania
14.09.2011

A partire da giugno 2011, la presidenza di turno dell’UE è stata affidata alla Polonia che è succeduta così all’Ungheria in questo delicato incarico. Entrambi Paesi di una Europa centrale in cerca di un rilancio e di un ruolo chiave nel nuovo assetto geopolitico ed entrambi facenti parte del V4: è questo uno dei nomi del cosiddetto Gruppo di Visegrad  (formato da Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia), nato nel 1991 come Gruppo di Visegrad 3 o V3 (poiché all’epoca Repubblica Ceca e Slovacchia erano ancora uno stato unitario).

La scelta del nome del Gruppo deriva da un incontro storico che si svolse per l’appunto nella cittadina di Visegrad nel 1335 tra i sovrani Casimiro II di Polonia, Carlo I d’Ungheria e Giovanni I di Boemia, per tracciare nuove strategie in vista di una nuova e più indipendente politica commerciale: nel 1991, i quattro Stati partecipanti, con esigenze estremamente urgenti che includevano anche la rimodulazione di una moderna economia di mercato, l’attuazione di riforme politiche e la volontà di essere inseriti nella NATO, portarono avanti il loro progetto guardando all’Europa unita quale prospettiva favorevole per il loro futuro.

A distanza di anni gli stessi Paesi stanno operando una seria riflessione circa l’opportunità di essere inseriti in un contesto che non ha dato i risultati auspicati.
Un dato importante nell’analisi delle decisioni dei quattro è costituito anzitutto dalle diverse potenzialità economiche nazionali e dal fatto che tre su quattro non sono ancora entrate a far parte dell’area euro.

Relativamente alla Polonia, si ricorderà che  superato lo scoglio del dopo blocco sovietico, ha avuto uno sviluppo economico considerato uno dei più forti nell’est europeo, con una crescita annuale del PIL di tutto rispetto; tuttavia ancora oggi si continuano a cercare strategie utili che possano contribuire a ristrutturare i settori economici tradizionali (tra questi quello agricolo che attualmente è uno dei principali produttori del fabbisogno alimentare dell’Unione Europea), ma anche quello industriale, delle infrastrutture e dei servizi non particolarmente sviluppati; in tal senso risultano importanti occasioni di confronto molti accordi siglati con i principali partner commerciali attuali, quali Italia e Francia.

Ancora in itinere il processo di adeguamento del settore finanziario e fiscale in vista dell’entrata della Polonia in eurolandia, che potrebbe avvenire nel 2014-2015, seppure tale decisione sia ancora al vaglio della stessa Banca Centrale Polacca.
In Ungheria si registra un costante processo di avanzamento nell’ambito del mercato economico: industria e agricoltura rappresentano i punti di forza di un sistema in espansione.

L’apertura ai mercati esteri negli ultimi anni ha inoltre contribuito a dedicare maggiori attenzioni anche ai settori non tradizionalmente forti, quali quello dei servizi.
Il tasso di crescita del PIL presenta fasi alterne: recentemente un forte aumento delle esportazioni nel settore industriale ha determinato una forte crescita del PIL rispetto agli stessi periodi dello scorso anno; anche in questo caso, Banca Nazionale Ungherese e relativo governo, continuano a dialogare sull’avvicinamento all’euro zona ma nessuna data è stata stabilita per il passaggio alla moneta unica.

Situazione diversa per quanto attiene alla Repubblica Ceca: le scelte economiche sono state incentrate principalmente per garantire un assetto solido e competitivo e fronteggiare una crisi economica  che ha costretto il governo ceco, negli ultimi anni, ad adottare soluzioni di emergenza che potessero servire da stimolo all’economia.
Il commercio con l’estero continua ad essere un punto di forza nella situazione globale  e, in prospettiva futura, da questo settore potrebbero arrivare buone notizie circa un incremento del PIL che attualmente non sembra raggiungere livelli apprezzabili; a questo dovrebbero contribuire l’ampliamento di progetti infrastrutturali sostenuti dai fondi dell’Unione Europea.

Relativamente alla Slovacchia, l’unica del gruppo al momento a far parte della zona euro, si deve considerare che la crescita del PIL attualmente non è particolarmente apprezzabile; nelle prospettive future si pensa ad una contrazione che potrebbe attestarsi intorno al 3,8%.
Pur nella previsione di nuovi progetti infrastrutturali ed investimenti greenfield (preferiti dalle piccole e medie imprese), i margini di miglioramenti non sono del tutto chiari; se davvero gli impegni sono quelli già definiti per l’ingresso nell’Unione Europea e nell’area euro,  si renderanno necessarie una serie di politiche economiche per rilanciare al massimo i settori produttivi, incrementare i livelli occupazionali.

Differenti condizioni economiche quindi e differenti prospettive.
Per contro, sono comuni molte delle diffidenze che i quattro nutrono nei confronti di una Europa che viene vista come una struttura connotata da una tecnocrazia non sempre condivisa.

I partecipanti del V4, continuano ad analizzare l’evolversi della situazione geopolitica alle loro porte e guardano con preoccupazione a ciò che si verifica sia sul versante ovest (Germania) che sul versante est (Russia):  sono consapevoli che la Germania, può ragionevolmente essere considerata il “motore” dell’Europa, ma non vengono sottovalutate le scelte originali che questa svolge in campo geopolitico (significativa in tal senso la presa di posizione sull’intervento in Libia dettata probabilmente sia da implicazioni interne legate alle elezioni amministrative e sia da visione strategica che potenzialmente soddisfa le prospettive di accordi economici con il fronte astensionista del BRICS).

Vengono valutate attentamente anche quelle forze interne tedesche che mettono in discussione l’appartenenza ad una UE che sempre più spesso ha bisogno del denaro tedesco per la risoluzione di crisi in ambito comunitario, nonché le scelte economiche che hanno prodotto un progressivo avvicinamento alla Russia (come nel caso degli accordi sul gasdotto North-Stream).

Ed è questo del versante russo un altro elemento di preoccupazione per il V4; l’implosione dell’Unione Sovietica aveva rappresentato la fine di una minaccia in termini di potenziali aggressioni, ma il rafforzamento progressivo ed incessante condotto dalla Russia e la determinazione con la quale questa ha riproposto la sfera di influenza in quell’area, ne ha riproposto paure e preoccupazioni.

Le priorità di Mosca, attualmente sono quelle legate alla Georgia; alla preoccupazione di un eventuale ingresso di Ucraina e nazioni limitrofe in ambito NATO, ed al dispiegamento di un segmento del sistema di difesa dai missili balistici americano denominato BMD (ballistic missile defence system).
Su questo punto, nonostante gli ultimi incontri di Leningrado del 21 e 22 maggio scorso tra i ministri degli esteri di Polonia, Germania e Russia, le posizioni non sono condivise.
La Polonia si è candidata ad ospitare il sistema, considerandolo una importante garanzia di difesa; la Russia lo teme e ne propone una gestione condivisa tra i partners; gli Stati Uniti ne ipotizzano una scissione in due sistemi operativi.

Più in generale la preoccupazione russa è quella di perseguire una strategia tendente a recuperare il controllo sui territori del “estero vicino” (territori ex URSS) e questo è fin troppo chiaro al gruppo di Visegrad che ha la necessità di dotarsi di una propria strategia di sicurezza.
L’appartenenza alla NATO (Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca vi fanno parte dal 1999, la Slovacchia dal 2004), ha rappresentato l’idealizzazione di un ombrello di sicurezza che con il passare del tempo sta riducendo di gran lunga le aspettative iniziali.

Le nuove priorità dell’Alleanza Atlantica, riassunte nel Concetto Strategico del 2010, prevedono il dispiegamento di una sola brigata a difesa della Polonia in caso di conflitto; previsione ritenuta assolutamente insoddisfacente dalla stessa Polonia che rivendica una maggiore concentrazione di forze sul suo territorio in caso di attacco.
Potrebbe essere stata questa la ragione che ha portato il 12 maggio  scorso, i quattro Paesi, a rendere nota la decisione di dare vita ad un “battle group” (unità terrestre di fanteria ed artiglieria ma anche di training e scambio informazioni e tecnologie) la cui operatività dovrebbe essere completata nel 2016.

Già previste esercitazioni militari a partire dal 2013, mentre rimangono non del tutto definiti i vertici di coordinamento che, per ora, vengono individuati nella NATO Response Force.
Benché la presidenza del V4 sia a rotazione annuale, la guida del battle group è stata unanimemente affidata alla Polonia, Paese che da solo dispone di territori, forze militari e bilanci pari al complesso dei tre rimanenti.

La Polonia ha sempre rivendicato un ruolo primario in quell’area geografica e le recenti trasformazioni geopolitiche hanno rafforzato questi intendimenti; inoltre l’appuntamento con la presidenza dell’UE, potrebbe rappresentare una occasione storica per dare un contributo anche a tali scelte strategiche.
I compiti che si prepara ad affrontare il V4 in ambito difesa non sono affatto semplici: l’ammodernamento e la sostituzione dei sistemi d’arma sono di grande interesse sia per Polonia e Repubblica Ceca, ma anche per Slovacchia ed Ungheria che, contemporaneamente hanno diverse esigenze legate alla dismissione di materiale militare a causa di tagli economici.

Solo a titolo di esempio, si ricorderà l’esigenza di sostituire vecchie versioni di caccia e di carri armati; di dotare i reparti terrestri di veicoli protetti; di introdurre sistemi di equipaggiamenti personali di combattimento: occorrerà quindi stabilire le priorità, individuare i prodotti che possano soddisfare le esigenze comuni e procedere, compatibilmente con i fondi a disposizione, all’attuazione dei piani di sviluppo ed ammodernamento, anche per essere all’altezza dei propri compiti nelle varie missioni di peacekeeping che li vedono coinvolti.

Si parla già di avviare nuovi programmi di training per i piloti delle rispettive forze aeree, finalizzati a migliorare la formazione del personale: notevoli i vantaggi soprattutto per gli Stati più piccoli poichè in questo caso i piloti potrebbero addestrarsi in uno spazio aereo compreso tra le regioni montuose di Repubblica Ceca e Slovacchia e gli sbocchi a mare della Polonia, utilizzando poligoni di tiro comuni.

Il V4 guarda con interesse al modulo che ha consentito la costituzione del Battle Group nordico ma ovviamente dovrà tenere conto delle proprie esigenze per dare una connotazione singolare a questa nuova forza ed implementare al massimo la tecnologia e lo scambio di know how militare.

Una sincronizzazione dei programmi militari, consentirebbe quindi di superare i limiti attuali imposti dalle spese militari affrontate singolarmente e di disporre anche di un maggior numero di forze in campo (stante la drastica riduzione delle unità delle varie forze armate, intervenuta dopo il 1991).
Inoltre il vantaggio apportato dallo sviluppo di tecnologie congiunte, favorirebbe un rinsaldamento delle varie industrie di difesa regionali ed il progressivo aumento di livello nel settore della formazione e dell’istruzione con la standardizzazione dei relativi sistemi.

L’obiettivo attuale del V4 è riuscire a costituire un potenziale di difesa per il territorio dell’Europa centrale interno che superi agevolmente gli ingranaggi di un sistema burocratico attualmente in difficoltà: per questo, la scelta della cooperazione militare è solo una delle soluzioni adottate, probabilmente la più recente, ma che segue altre di altrettanta importanza, quali quella del 1999 per il varo di un fondo internazionale con sede a Bratislava, che ha dotato il gruppo di uno strumento finanziario flessibile, o quella del 2002 riguardante la nascita di un gruppo di analisi delle politiche energetiche.

Su questo aspetto il V4 mostra una grande attenzione, non a caso nel mese di febbraio di quest’anno ha organizzato un summit a Bratislava allargato anche ad Austria, Germania ed Ucraina, per discutere sulle prospettive di vie alternative al trasporto di petrolio e gas naturali onde garantire una strategia di sicurezza nel settore ed evitare l’assoggettamento di chi detiene il monopolio.

Al riguardo proprio l’Ucraina in tale ambito, nello sponsorizzare una “via ucraina” di tali trasporti, ha mostrato notevole interesse a gravitare in un circuito coeso ed efficiente, che possa salvaguardarla da crisi come quella con la Russia verificatasi qualche anno fa.

La cooperazione di Visegrad dovrà quindi procedere con saggezza nelle scelte che potranno essere determinanti per trasformarla in un interlocutore di rispetto nel panorama geopolitico europeo: un eventuale ingresso di Ucraina e Romania apporterebbe sicuramente un incremento di risorse politiche, economiche, strategiche, ma al tempo stesso potrebbe alterare gli attuali equilibri e porsi in contrasto con le citate priorità di una Russia che non intende perdere territori e risorse confinanti.

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