Boko Haram ed Ansaru: i due volti del terrorismo di matrice islamica in Nigeria
Africa

Boko Haram ed Ansaru: i due volti del terrorismo di matrice islamica in Nigeria

Di Francesca Manenti
14.04.2013

Gli episodi terroristici che hanno interessato la Nigeria nei primi mesi del 2013 mettono in luce la complessità della questione sicurezza nel grande Stato africano. Il 17 febbraio, il rapimento di sette stranieri, dipendenti della compagnia libanese Setraco, avvenuto a Jama’are e terminato con la loro uccisione a seguito di un presunto tentativo di liberazione da parte delle Forze Armate nigeriane e britanniche, e, due giorni dopo, il sequestro di una famiglia francese al confine con il Camerun, tracciano per la prima volta una linea di convergenza tra Boko Haram ed Ansaru, i due gruppi radicali islamici che rappresentano la principale causa della destabilizzazione nella Nigeria.

Ansaru non è nuovo a questo genere d’incursioni. Oltre al rapimento di Francis Colump, cittadino francese sequestrato a dicembre nella città di Rimi, poco distante da Katsina, nel nord del Paese, si ritiene altamente probabile che il gruppo sia stato responsabile anche del rapimento e dell’uccisione di due ingegneri, tra cui l’italiano Franco Lamolinara, avvenuto nel maggio 2011. Dichiaratosi una frangia separatista di Boko Haram operativa dal gennaio 2012, Ansaru, “Avanguardia per la Protezione dei Musulmani nell’Africa Nera, dall’arabo Jama’atsu Ansarul Musulimina Fi Bidalis Sudan, si è subito contraddistinto per la natura internazionale della propria agenda, che influenza sia la politica nigeriana che quella dell’intera regione dell’Africa Occidentale.

La rivendicazione da parte di Boko Haram, il cui nome ufficiale è Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’awati wal-Jihaddel (“Gruppo impegnato nella Propaganda dell’Insegnamento del Profeta e del Jihad”), del rapimento del 19 febbraio, rappresenta invece un elemento del tutto innovativo. Fin dalla sua fondazione nel 2002 nello Stato del Borno, il gruppo salafita, il cui nome in lingua Hausa significa “l’Educazione Occidentale è peccato”, aveva concentrato la propria azione nella parte centro-settentrionale della Nigeria, ricorrendo ad attentati suicidi ed agguati a bordo di motociclette contro obbiettivi nazionali sia militari, quali le Forze di Polizia e le truppe della Joint Task Force (JTF), sia civili, quali chiese, leader religiosi cristiani e musulmani ed eminenti personalità politiche locali.

Al contrario, le modalità con cui Boko Haram ha agito questa volta risultano simili a quelle utilizzate da Ansaru. Il video pubblicato su YouTube il 25 febbraio, con la relativa esposizioni di condizioni per il rilascio degli ostaggi, suggerisce una possibile evoluzione del modus operandi del gruppo. Tuttavia, allo stato attuale dei fatti, la convergenza sembra essere più metodologica che programmatica ed ideologica. La richiesta della liberazione di decine di detenute, appartenenti alle famiglie di membri reali o presunti di Boko Haram, collega l’azione della setta ancora una volta alla politica interna. Si può presupporre, di conseguenza, che la setta abbia cominciato a ritenere i sequestri sia un mezzo efficace per fare pressioni contro le istituzioni nigeriane sia una possibile e remunerativa fonte di finanziamento per le azioni del gruppo.

Di altra natura, invece, sono gli attentati compiuti da Ansaru, volti a colpire gli interessi occidentali nella regione. Il modus operandi della setta è simile a quello portato avanti dalle cellule di al-Qaeda attive in Nord Africa, che finanziano le proprie operazione attraverso la richiesta di riscatti multimilionari. Il legame con la rete terroristica si è manifestato con lo scoppio della guerra in Mali, quando Ansaru ha cominciato le sue rappresaglie contro cittadini occidentali come critica all’intervento francese. Allo scoppio del conflitto, infatti, la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS) ha predisposto il dispiegamento di AFISMA (African-led International Support Mission to Mali) per contrastare le forze dei ribelli contro il governo maliano. L’iniziativa è stata avallata dalla risoluzione ONU 2085 ed è iniziata ufficialmente il 17 gennaio.

Il fatto che la Nigeria ricopra un ruolo rilevante all’interno di AFISMA ha spinto Ansaru ad appoggiare attivamente l’alleanza delle forze jihadiste di MUJAO (Movimento per l’Unità ed il Jihad nell’Africa Occidentale), AQMI (Al Qaeda nel Maghreb Islamico) ed Ansar al Din (gruppo d’ispirazione qaedista composto in maggioranza da militanti tuareg). La minaccia proveniente dal terrorismo nigeriano quindi, assume sempre più una portata internazionale. Il Dipartimento di Stato statunitense in particolare, già a partire dallo scorso 21 giugno, aveva identificato alcuni esponenti di Ansaru come “specially designated global terrorists”, in riferimento all’evolversi del loro legame con le cellule di al-Qaeda in Nord Africa.

L’interesse di Washington per il terrorismo in Nigeria è avvalorato, inoltre, dalla presunta scoperta, da parte dei Servizi nigeriani, di una rete terroristica di matrice sciita, che riceverebbe finanziamenti direttamente dall’Iran. Lo scorso 20 febbraio infatti, lo SSS (State Security Service) ha fermato Suleiman Plainka Saka, Saheed Aderemi Adewumi e Abdullahi Mustapha Berende sospettati di raccogliere informazioni sensibili su obiettivi statunitensi e israeliani presenti nel Paese. Berende, capo locale della setta sciita di Ilorin, già da tempo sotto osservazione per i suoi contatti con alcuni esponenti del terrorismo iraniano, avrebbe confessato di aver ricevuto l’incarico di formare una cellula terroristica operativa soprattutto nella parte sud-occidentale della Nigeria. Inoltre, Berende è accusato di essere l’ideatore dell’attentato all’ex Presidente Ibrahim Babangida e ad Ibrahim Dasuki, ex Sultano di Sokoto, massima autorità musulmana del Paese.

Ad una minaccia terroristica così multiforme, il governo di Goodluck Jonathan non sembra ancora in grado di rispondere in modo efficace. Nel 2003, è stata costituita la Joint Task Force, unità interforze antiterrorismo che ha trovato il sostegno operativo della comunità internazionale. Le sue truppe infatti partecipano al Counter Terrorism Assistance Training e al Terrorist Interdiction Program, programmi di addestramento condotti dalle Forze di Operation Enduring Freedon – Trans Sahara (OEF-TS) nell’ambito della Trans SaharanCounter Terrorism Initiative (TSCTI). La JFT non ha però fino ad ora ottenuto i risultati sperati. Gli scontri violenti tra le Forze Armate nazionali e miliziani reclutati nelle fila di Boko Haram rendono di fatto poco plausibile il raggiungimento di un cessate il fuoco nel breve periodo.

Data la criticità della situazione, le Nazioni Unite hanno avviato l’Integrated Assistance for Counter Terrorism, programma di assistenza al governo di Abuja per cercare una soluzione alternativa alla repressione violenta da parte di militari e forze di polizia, ma la sostanziale opposizione per una mediazione politica rischia di vanificare ogni sforzo. Un incremento del supporto al governo di Abuja, in termini consulenziali ed operativi, potrebbe rientrare negli interessi di molti Stati occidentali. Il terrorismo in Nigeria risulta quindi un elemento di profonda instabilità d’interesse internazionale.  Seconda economia del continente, con una popolazione di 160 milioni di abitanti e una prospettiva di crescita pari al 6% secondo l’ultimo report della Banca Mondiale, lo Stato nigeriano rappresenta infatti il miglior contesto africano per gli investimenti stranieri. Gas naturale e petrolio in primis. La capacità di assicurare un contesto di sicurezza interna è perciò un’esigenza primaria reciproca: per il governo nigeriano per assicurarsi l’interesse di compagnie straniere ad operare sul territorio nazionale; e per la comunità internazionale, che vede nel terrorismo la principale causa sia della destabilizzazione delle attività delle proprie Compagnie che operano nel Paese, sia del possibile fallimento delle operazioni militari intraprese per pacificare i territori dell’area.

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