Il Congresso del Partito Comunista Cinese e la Quinta Generazione al potere
Asia e Pacifico

Il Congresso del Partito Comunista Cinese e la Quinta Generazione al potere

Di Antonio Mastino
08.10.2012

Giovedì 8 novembre 2012 si svolgerà a Pechino il 18° Congresso del Partito Comunista Cinese (PCC) nel quale verranno nominati i membri del prossimo Comitato Permanente del Politburo. Tra i personaggi di spicco che cederanno il passo vi sono l’attuale Segretario Generale del PCC e Presidente della Repubblica, il paramount leader (l’uomo politicamente più influente della Cina) Hu Jintao e il premier Wen Jiabao. La celebrazione del Congresso si sarebbe dovuta svolgere a metà ottobre, ma una serie di avvenimenti dovuti alle lotte interne al PCC hanno portato alla posticipazione di qualche settimana.

Il Politburo è l’organo decisionale supremo nella prassi di potere cinese, i cui lavori sono solitamente segreti. Dalle decisioni dell’organo – prese con molta probabilità col metodo del consensus – deriva la linea politica del Paese. Esso ha un numero di membri variabile a seconda delle congiunture politiche del tempo, avendo avuto negli anni un massimo di undici membri (tra il 1966 e il 1969) e un minimo di cinque (in quattro occasioni). A partire dal 16° congresso esso è composto da nove membri, mentre dal 1992 al 2002 furono sette. Questa scelta era dovuta presumibilmente alla volontà dell’allora Segretario Generale Jiang Zemin di avere in seno ad esso il maggior numero di membri vicini alla sua corrente, la cosiddetta “Cricca di Shanghai”. È probabile che stavolta il Politburo venga nuovamente portato a sette membri, visto l’eccessivo peso politico che negli ultimi anni hanno acquisito il Ministro della Sicurezza Interna Zhou Yongkang e quello della Propaganda Li Changchun. Tra questi sette è quasi certa la conferma di Xi Jinping e Li Keqiang. Il primo è attualmente Vice Presidente della Repubblica, Vice Presidente del Commissione Militare Centrale del Partito nonché massimo dirigente del Segretariato Centrale, carica già ricoperta in passato da Hu Jintao e che è considerata come un’anticamera a quella di Segretario Generale del PCC e di Presidente della Repubblica Popolare (quindi alla leadership politica della Cina). Li, invece, è il Vice Premier e, secondo le previsioni, è destinato a sostituire l’attuale Premier Wen Jiabao, numero tre nella scala gerarchica del Politburo ma de facto subito sotto il Segretario Generale nella graduatoria di potere. Questo perché al numero due sta formalmente il Presidente del Congresso Nazionale del Popolo (CNP), l’Assemblea legislativa a cui la Costituzione cinese dà la titolarità del potere legislativo che però viene effettivamente esercitato dagli organi del PCC.

Gli altri seggi – come detto presumibilmente cinque – andranno invece ad altri personaggi emergenti che, assieme ai probabili Xi e Li, rappresenteranno la cosiddetta “Quinta Generazione” della classe dirigente cinese. La selezione di questi è solitamente frutto del compromesso politico tra le varie anime del Partito le quali tendono a riconoscersi in due correnti principali: la prima è la già citata Cricca di Shanghai, mentre la seconda è il cosiddetto “Tuanpai”. La “Cricca” è la corrente del PCC che si raccoglie attorno agli esponenti provenienti da Shanghai (città di cui l’ex leader Jiang Zemin fu Sindaco) e da coloro che sono politicamente vicini ad essi. Il Tuanpai, il cui leader politico è Hu Jintao, è, invece, formato dagli esponenti di partito provenienti dalla Lega Giovanile dei Comunisti Cinesi, di cui l’attuale Segretario Generale fu leader tra 1984 e 1985, da lui stesso inseriti in posizioni di rilievo una volta asceso al potere. Tra questi c’è il già nominato Li Keqiang. All’interno del Tuanpai, poi, esiste un sotto-gruppo chiamato il “Gruppo di Tsinghua” di cui fanno parte gli esponenti laureatisi alla rinomata Università di Tsinghua (il più famoso ateneo statale per la ricerca scientifica generale), proporzionalmente di numero molto maggiore rispetto a quelli provenienti da altri atenei cinesi.

Lo scontro tra le due fazioni ha avuto il suo momento apicale con l’allontanamento di Bo Xilai, ex governatore di Chongqing e vicino alla Cricca, considerato un possibile candidato per un posto nel Politburo. Bo è stato protagonista di un serissimo scandalo politico scoppiato a febbraio scorso - l’omicidio del businessman britannico Neil Heywood da parte di sua moglie, che egli avrebbe “coperto”. Il fatto che la carriera di Bo sia stata completamente azzerata dalle accuse, e che queste abbiano avuto un epilogo giudiziario relativamente rapido, hanno dato adito al sospetto che il più grande scandalo degli ultimi anni sia stato creato ad arte, nell’ambito della prassi cinese di eliminare personaggi politici scomodi tramite inchieste giudiziarie. Ad alimentare tale sospetto c’è il fatto che il Segretario della Commissione Centrale per l’Ispezione di Disciplina (il numero 8 del Politburo), l’organo censore nei casi di corruzione degli apparati comunisti, sia He Guoqiang, personaggio vicinissimo a Hu.

Bo Xilai, nel tempo, aveva ottenuto grande prestigio grazie al suo metodo di amministrazione. Molto vicino a Zhou Yongkang anche per il suo pugno di ferro in termini di sicurezza, grazie alla sua propaganda di stampo maoista rivoluzionario utile a combattere le gang mafiose locali (il suo motto è traducibile orientativamente “canta rosso e colpisci al buio”) aveva visto crescere la sua immagine pubblica tanto da causargli nel tempo l’accusa di ricercare su di sé un vero e proprio culto della personalità. L’ingombranza della sua figura e, soprattutto, i rimandi a una nuova Rivoluzione Culturale, da lui addirittura invocata pubblicamente (provocando la risposta sdegnata di Wen Jiabao), potrebbero essere stati all’origine della serie di vicissitudini giudiziarie che lo hanno colpito e che hanno portato alla sua espulsione dal partito, decretata il 28 settembre scorso. Ciò anche perché buona parte degli esponenti di spicco dell’attuale Quarta Generazione hanno avuto genitori “purgati” da Mao Zedong, tra i quali Hu Jinato e Xi Jinping (ma come lo ebbe anche lo stesso Bo). L’ombroso processo per l’omicidio del businessman inglese Neil Heywood in cui sarebbe coinvolta la moglie Gu Kailai e il caso del capo della polizia di Chongqing, il suo ex-fedelissimo Wang Lijun – il quale ha prima chiesto asilo politico al consolato americano, poi ha accusato Bo di corruzione e violenze sessuali durante la sua amministrazione, finendo per essere coinvolto anche lui nel caso e ricevere una condanna a 15 anni di reclusione – lo hanno, dunque, emarginato definitivamente.

Nonostante lo scandalo, che ha rischiato di coinvolgere indirettamente anche Zhou Yongkang, del quale è stata richiesta la rimozione dal seggio nel Politburo, la Cricca di Shanghai è, comunque, ancora molto forte. Il suo leader Jiang Zemin, a 86 anni, è tuttora una sorta di eminenza grigia nel panorama politico cinese e ha l’influenza per incidere sulle scelte del prossimo Congresso. Le sue ultime uscite pubbliche, infittitesi in questi ultimi mesi, hanno con successo mandato il segnale agli avversari della sua presenza, destando molta attenzione mediatica.

La tensione interna al PCC è tale che lo scorso mese di settembre si è anche temuta una “liquidazione” dello stesso Xi Jinping, a seguito dell’annullamento di alcune date nella sua agenda e a una sostanziale scomparsa dalla scena pubblica per due settimane. Durante quest’assenza si sono susseguite diverse voci contrastanti, tra le quali quella di un possibile attacco di cuore o di una nuova “purga”, ma, dopo il suo ritorno sulla scena, apparentemente senza nessun altro cambiamento nel suo calendario istituzionale, da fonti interne è arrivata la notizia di un infortunio alla schiena.

Al netto dei rumours e delle lotte interne al PCC, la figura di Xi Jinping potrebbe tornare ad essere un buon compromesso tra le parti come già fu al 17° congresso quando ottenne il sostanziale ruolo di “leader in pectore” per un accordo tra le due correnti (da principio il Tuanpai gli avrebbe preferito Li Keqiang). Egli, infatti, non è inquadrabile come facente parte di una corrente specifica e se da un lato la sua estrazione è la stessa di Hu Jintao, in quanto laureatosi anch’egli nell’Università di Tsinghua (pur non facendo parte del “Gruppo”), dall’altro, a seguito del ruolo acquisito, ha sempre cercato di risultare “uomo di dialogo” tra le varie anime del partito, avvicinandosi a Jiang Zemin e dimostrandogli pubblicamente la sua vicinanza in diverse occasioni. La più importante di queste risale all’ottobre 2009 a Berlino quando, in un incontro con la Cancelliera tedesca Angela Merkel, le regalò due libri firmati dall’ex Segretario Generale.

Toccherà, quindi, quasi sicuramente a Xi guidare la Cina della Quinta Generazione. Egli si troverà a gestire il dopo-Hu ma anche, per questioni anagrafiche, il dopo-Jiang. La sua trasversalità e la sua maggiore affinità rispetto ai predecessori con le Forze Armate, nelle quali ha servito e con le quali ha stretto contatti quando fu Segretario locale del PCC nelle province del Fujian e dello Zhejiang, potrebbero rafforzare la sua leadership nel tempo. Ciò gli permetterebbe di dare la propria impronta alla stagione di riforme economiche, sociali e politiche di cui la Cina ha bisogno per contrastare da un lato la flessione della propria crescita economica e dall’altro lato la costante escalation di tensione interna che rende la Cina il primo paese al mondo per budget di difesa interna.

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