Il Summit NATO di Bruxelles tra dinamiche transatlantiche ed europee
Europa

Il Summit NATO di Bruxelles tra dinamiche transatlantiche ed europee

Di Alessandra Giada Dibenedetto
24.07.2018

Il Summit NATO di Bruxelles si è rivelato, come previsto, tra i più combattuti e incerti della storia dell’Alleanza Atlantica e ha visto il Presidente statunitense prendersi la scena alternando momenti di distensione a dichiarazioni altamente pungenti che hanno scosso i Capi di Stato e di Governo presenti. Al centro del dibattito è stata la questione del budget da dedicare alla Difesa che ha deviato l’attenzione dagli altri punti all’ordine del giorno. La dura linea politica mantenuta da Trump a Bruxelles ha confermato l’oramai ben nota posizione del Presidente statunitense che tende a preservare gli interessi in primis economici americani a scapito di relazioni multilaterali forti e consolidate nel tempo. Puntando il dito contro i Paesi NATO che non raggiungono la soglia del 2% per la spesa militare, infatti, il Presidente ha delineato l’immagine di un’America che non è più disposta a occuparsi della sicurezza del Vecchio Continente, ma che mira a far assumere all’Europa maggiore responsabilità in ambito di Difesa. Verosimilmente i Paesi europei parte del Patto Atlantico dovrebbero riconoscere che, seppur dai toni accesi, le parole di Trump possono tradursi in uno stimolo per investire maggiormente in quel progetto di Difesa europea da poco avviato. Di fatto, gli Stati che hanno aderito alla PESCO (Cooperazione Strutturata Permanente) si sono impegnati ad aumentare regolarmente il budget militare e a sviluppare congiuntamente progetti per la Difesa. Inoltre, sia l’Unione Europea (UE) sia la NATO possono trarre vantaggio da questi maggiori investimenti in tecnologie militari e dai nuovi assetti che ne deriveranno dato che potranno essere messi a disposizione delle operazioni condotte sotto l’egida di ambedue le organizzazioni.

L’accavallarsi delle dinamiche in ambito PESCO e NATO emerge chiaramente nel caso della Germania e della Francia. La Germania di Angela Merkel è stata pesantemente presa di mira dal Presidente Trump durante il Summit circa il basso livello di budget militare tedesco, che si attesta attorno all’1,2% del PIL. A onore del vero, Berlino ha un bilancio pubblico che le permetterebbe di dedicare alla Difesa una percentuale del PIL nettamente superiore; tuttavia, manca in Germania la volontà politica, anzitutto per ragioni storiche, di innalzare la spesa militare. È diametralmente opposta, invece, la posizione francese che vede Parigi non in grado di offrire più dell’1,8% del PIL per il budget militare, nonostante vi sia un forte desiderio di imporsi quale Paese leader in una Europa post-Brexit proprio in ambito di Difesa. Non a caso, la Francia di Macron sta sfruttando l’avanzamento della PESCO per assumere un ruolo centrale nel Vecchio Continente, anche andando mano nella mano con la Germania, vedasi il progetto franco-tedesco per lo sviluppo del nuovo caccia europeo di sesta generazione. Inoltre, in vista dell’uscita della Gran Bretagna dall’UE e quindi dalla nascente cooperazione in ambito Difesa, la Francia assieme alla Germania e altri sette Paesi europei hanno lanciato una nuova iniziativa “European Intervention Initiative”, volta a coinvolgere Londra in possibili dispiegamenti militari in caso di crisi emergenti ai confini dell’Europa. Trattasi, dunque, di operazioni coordinate su base multilaterale e non a livello NATO o UE. Proprio poiché il progetto è collocato al di fuori degli attuali quadri di cooperazione in campo di Difesa e sicurezza, l’Italia ha deciso di non parteciparvi.

A confermare l’impegno italiano nei confronti della NATO è stato il neo-Premier Conte che, nel suo primo approccio al teatro transatlantico, ha sottolineato a Bruxelles la forte volontà italiana di convogliare una sempre più ampia fetta dell’attenzione NATO nei confronti del fronte sud. Il Presidente del Consiglio, infatti, ha avuto la possibilità di discutere di un dossier molto importante per il nostro Paese, quello del processo di stabilizzazione della Libia. Sfruttando il tavolo negoziale dell’Alleanza Atlantica Conte ha avanzato una linea multilateralista per la Libia a fronte di una posizione unilaterale adottata dalla Francia di Macron, con l’auspico che la NATO possa supportare l’iniziativa italiana attraverso attività di assistenza a favore delle autorità libiche nel processo di costruzione dell’impianto securitario del Paese. Se il Summit di Bruxelles è servito a esporre la linea del nuovo Governo italiano in ambito di Difesa, l’incontro che si terrà a fine mese a Washington tra il Primo Ministro Conte e il Presidente statunitense sarà un momento molto importante per discutere del tema con il principale partener dell’Italia. Anzitutto, dato che il Presidente Trump ha più volte sostenuto che Roma può giocare un ruolo cruciale per stabilizzare la regione del Mediterraneo, Conte potrebbe cercare in Trump la sponda internazionale per sostenere l’azione del nostro Paese nell’area. Inoltre, alla Casa Bianca si parlerà molto probabilmente di budget militare e Conte potrebbe rivelare la grande difficoltà, se non impossibilità, che l’Italia avrebbe nell’incrementarlo e convincere, invece, Trump dell’importanza del contributo italiano alle missioni NATO, prime fra tutte in Kosovo, Iraq e Afghanistan. Tale approccio si uniforma alla direttiva NATO delle ‘3 C’, ovvero ‘cash, capabilities and contribution’, vale a dire spesa, capacità e contributi, che nel loro insieme rappresentano una bilanciata condivisione degli impegni (burden-sharing) al fine di contribuire all’efficacia dell’Alleanza. Tuttavia, seguire questa linea politica significherebbe per l’Italia fare marcia indietro circa la possibilità paventata dal governo di ritirare gradualmente i contingenti delle Forze Armate dispiegati in Afghanistan.

Tirando le somme, il Summit di Bruxelles ha tratteggiato la possibile complementarietà delle dinamiche che si stanno sviluppando nel campo della Difesa in seno alla NATO e all’Unione Europea. Infatti, il tendere a raggiungere il livello del 2% in ambito NATO potrebbe supportare, in un potenziale circolo virtuoso, il potenziamento della collaborazione europea all’interno della PESCO, laddove i Paesi del Vecchio Continente, attraverso meccanismi europei, potrebbero raggiungere i target di spesa dell’Alleanza Atlantica.

Inevitabilmente, qualora le dinamiche europee si risolvessero in cooperazioni bilaterali che tenessero fuori Paesi di importanza prioritaria, conseguentemente la necessità all’incremento del budget Difesa porterebbe anche all’apertura di scenari di collaborazioni con partner extra-europei, leggasi alcuni attori statunitensi del settore Difesa, o con Paesi che al di là di decisioni essenzialmente politiche, continueranno a rimanere presenti e legati al continente europeo, quella Gran Bretagna che, ad esempio, ha e continuerà ad avere un’industria della Difesa strettamente legata a quella italiana.

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